Marco Paciotti

 

Le opere di Domenico Losurdo hanno conosciuto una notevole diffusione lungo i quattro angoli del globo, essendo state tradotte in inglese, tedesco, cinese e portoghese. Eppure, proprio nella patria d’origine, in Italia, il suo pensiero non solo è andato incontro a una certa ostracizzazione da parte della cultura dominante, ma è stato talvolta mal interpretato, anche all’interno di gruppi politici o intellettuali – che pure si presumevano simpatetici con il suo punto di vista – i quali hanno isolato e forzato alcuni aspetti della sua originale rilettura della filosofia della storia hegelo-marxista finendo per eludere il punto di vista della totalità.

 

Sabato Danzilli

 

Il filo conduttore del libro di Raul Mordenti è delineato in maniera molto efficace già dal titolo e dal sottotitolo: De Sanctis, Gramsci e i pro-nipotini di padre Bresciani. Studi sulla tradizione culturale italiana (Bordeaux, Roma 2019). Il percorso dell’autore è incentrato infatti sulle figure di Francesco De Sanctis e Antonio Gramsci. Essi rappresentano coloro che hanno posto con maggiore chiarezza il problema del rapporto tra intellettuali e classe. La loro analisi fornisce a tal proposito strumenti che possono servire ancora oggi da traccia per affrontare nella sua lunga durata il tema secolare della divisione tra gli intellettuali italiani e i ceti popolari, sia da un punto di vista storico sia in relazione alla società contemporanea.

Gabriele Borghese

 

È uscita da pochi mesi una nuova raccolta di scritti di Domenico Losurdo, curata da Emiliano Alessandroni, su Imperialismo e questione europea[1]. Filo conduttore del volume, che raccoglie vari scritti di Losurdo pubblicati tra il 1978 e il 2017, è l’analisi dal punto di vista marxista dell’imperialismo odierno. Sin dalle prime righe viene chiarito come il processo di unificazione europea è stato certamente egemonizzato dalla borghesia e si sviluppa fin dal principio in modo contradditorio. Dal punto di vista storico-filosofico (Cap. II) Losurdo analizza l'«autocoscienza o falsa coscienza europea» (p.31) attraverso le parole di filosofi eminenti della tradizione occidentale: Adam Smith, David Hume, John Locke, Alexis de Tocqueville.

 Manfredi Alberti *

 

Il tentativo che la storica Eloisa Betti compie nel suo ultimo libro è tanto ambizioso quanto ben riuscito: ripercorrere la vicenda dell'Italia repubblicana dal punto di vista della storia del lavoro precario (Precari e precarie: una storia dell'Italia repubblicana, Carocci, pp. 268, euro 24). L'argomento presenta molti elementi di complessità, soprattutto sul piano della definizione e della quantificazione del fenomeno: che cosa vuol dire "lavoro precario" in un'economia capitalistica? Come misurarlo?

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