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Stefania Burnelli *
Gianni Rodari nasce nel 1920 e scompare all’improvviso a 60 anni, nel pieno delle sue impegnative e variegate iniziative. Nel 2020, centenario della nascita, sono stati innumerevoli gli omaggi editoriali, i tributi e le ricerche pubblicate su di lui (non ultimo il Meridiano Mondadori di 2000 pagine con tutte le Opere a cura di Daniela Marcheschi) e ancora questo gennaio ne sono usciti altri tra cui un’importante monografia di Electa a cura di Vanessa Roghi e Pino Boero.
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Marco Cerotto
Il libro «Traiettorie operaiste nel lungo ’68 italiano», dedicato per l’espressione della volontà unanime agli operai della Whirlpool di Napoli, è anzitutto il risultato di un lavoro teorico collettivo, nato dalle molteplici assonanze che uniscono il gruppo di ricerca napoletano e il Groupe de recherches matérialistes parigino, rispecchiante l’esito fruttuoso di un incontro seminaraiale svoltosi tra il 20 e il 21 dicembre 2018 presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Napoli “Federico II”.
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Vincenzo Bello
La questione dei vaccini, dalla loro produzione esigua ai ritardi nella distribuzione da parte delle multinazionali e, prima ancora, la pandemia del Covid-19 con la sua gestione, politica ed economica, hanno messo in evidenza le contraddizioni del mondo capitalistico, in particolare quella tra profitto e diritto alla salute, ovvero tra interessi del capitale e democrazia. D’altronde non ci si può aspettare nulla di diverso da un sistema basato sulla pura logica di mercato in cui la determinazione delle quote di vaccini e il loro prezzo viene regolato sulla base della concorrenza e delle forze di mercato. In questo solco si inserisce anche l’affermazione di Letizia Moratti, che vorrebbe distribuire il vaccino in proporzione al PIL. È la ricchezza il criterio che stabilisce la distribuzione dei vaccini.
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Vincenzo Bello
Il libro di Eric Gobetti E allora le foibe? (Laterza, Roma-Bari, 2021) è un libro importante e coraggioso in questi tempi di revisionismo e ha l’obiettivo, evidente sin dalle prime pagine, di decostruire la retorica e la propaganda bipartisan, frutto di un tentativo di riconciliazione “post-ideologica” (dei post fascisti e dei post comunisti) e di un uso pubblico (politico) della storia volto a trasformare l’identità collettiva del Paese anche attraverso la rimozione dei crimini fascisti.[1] Una narrazione che, nel caso specifico, vede, da un lato, nei popoli slavi e nei loro partigiani degli esseri barbari e dediti alle più atroci violenze, dall’altro, negli italiani, le vittime innocenti di queste violenze. Siamo sicuri che le cose stiano realmente così?