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Vincenzo Bello
Il libro di Eric Gobetti E allora le foibe? (Laterza, Roma-Bari, 2021) è un libro importante e coraggioso in questi tempi di revisionismo e ha l’obiettivo, evidente sin dalle prime pagine, di decostruire la retorica e la propaganda bipartisan, frutto di un tentativo di riconciliazione “post-ideologica” (dei post fascisti e dei post comunisti) e di un uso pubblico (politico) della storia volto a trasformare l’identità collettiva del Paese anche attraverso la rimozione dei crimini fascisti.[1] Una narrazione che, nel caso specifico, vede, da un lato, nei popoli slavi e nei loro partigiani degli esseri barbari e dediti alle più atroci violenze, dall’altro, negli italiani, le vittime innocenti di queste violenze. Siamo sicuri che le cose stiano realmente così?
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Vinicio Cerqueti
Sbagliare è umano si usa dire. È un detto tanto diffuso e noto che ormai ci fa diventare accorti. Ci costringe a pensare, studiare, ragionare, organizzarsi per essere pronti. Questo potrebbe aver pensato Ruggero Giacomini, nel decidere di raccogliere in una unica pubblicazione gli scritti gramsciani sul partito, alcuni firmati ed altri a lui attribuibili con certezza, che compongono gli Scritti sul Partito di Antonio Gramsci (ed. MarxVentuno, 2020).
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Christian De Luca
Il libro di Mauro Vanetti, pubblicato nel 2019 da Edizioni Alegre, è uno strumento necessario per placare l’effetto di straniamento e di rabbia che deriva ogni qual volta ci troviamo a discutere con persone che si ritengono democratiche e persino di sinistra ma che, in realtà, sostengono partiti dalle mani sporche di sangue o si lasciano molto spesso andare a opinioni, pensieri e idee molto più di destra che di sinistra.
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Alessio Soma
Il periodo del cosiddetto “biennio rosso” al giorno d’oggi è noto soprattutto per le rivolte operaie del nord Italia e le insurrezioni dei mezzadri e braccianti nel centro-sud, che portarono nei casi più estremi alle occupazioni delle fabbriche e dei campi, nonché alla nascita dei primi soviet in Italia. In realtà, va precisato che tra il 1919 e il 1920 una buona parte del proletariato italiano si trovava ancora arruolata sotto le armi, in quanto la smilitarizzazione successiva alla fine della prima guerra mondiale procedeva (per volontà della stessa classe dirigente, che temeva il ritorno improvviso dal fronte di una massa avvezza alla violenza e all’uso delle armi) con una certa lentezza.