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Ilan Pappé*
(Da: “il manifesto”, 6 marzo 2022)
Crisi ucraina. La visione di media e classi dirigenti in Occidente è segnata da etnocentrismo e razzismo: dai rifugiati «simili a noi» alle «legittime» invasioni Usa in Medio Oriente fino alla tollerabilità dei gruppi neonazisti. E infine alle politiche di oppressione di Israele nei confronti dei palestinesi
Secondo Usa Today, la foto diventata virale di un grattacielo ucraino colpito dai bombardamenti russi ritraeva, in realtà, un grattacielo nella Striscia di Gaza, demolito dall’aviazione israeliana nel maggio del 2021.
Qualche giorno prima, il ministro degli Esteri ucraino si era lamentato con l’ambasciatore israeliano a Kiev: «Ci state trattando come Gaza», aveva detto, furioso, sostenendo che Israele non aveva condannato l’invasione russa ed era interessato solo a far uscire dal Paese i cittadini israeliani (Haaretz, 17 febbraio 2022).
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Daniele Nalbone
(fonte: https://www.micromega.net/guerra-ucraina-intervista-brancaccio/)
Professor Brancaccio, le forze politiche italiane sono schierate contro la Russia. Non mancano però i filo-russi che elogiano l’attacco di Putin come segno di spregiudicata realpolitik. Lei cosa pensa?
La Russia si è macchiata di un’infamia di cui noi occidentali siamo stati cattivi maestri per anni, dalla Jugoslavia all’Iraq: ossia, aggredire altri paesi per distruggere e controllare. Putin è anche ricorso alle tipiche ipocrisie che abbiamo usato noi nel recente passato per giustificare le peggiori nefandezze, quando ha definito l’assalto all’Ucraina una mera “operazione di polizia”. Elogiare l’invasore russo che imita il peggio del militarismo occidentale sarebbe dunque un atto inverecondo. Per le stesse ragioni, però, non si può dar credito a quei politici nostrani che in queste ore non riescono a far meglio che proporci linee d’azione più ispirate a Rambo che alla diplomazia.
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Osvaldo Coggiola *
Quella in corso è una guerra per riconfigurare la politica internazionale di un mondo capitalista in crisi e decadenza.
La guerra in Ucraina è l’espressione del trasferimento della crisi mondiale dal terreno economico e politico a quello bellico, e avrà ripercussioni nel mondo intero, anche militari, a cui nessun paese potrà sottrarsi, e da cui nessuna forza politica potrà lavarsene le mani, dichiarandosi neutrale o difendendo una posizione “equidistante”. Sebbene la Russia appaia come l’“aggressore”, il clima politico della guerra è stato accuratamente preparato dai principali media occidentali, premendo sui rispettivi governi, al punto in cui un ricercatore australiano ha concluso, alla vigilia del 24 febbraio, che “il progetto per un’invasione sembra essere già stato scritto, e non precisamente dalla penna del leader russo. I pezzi sono tutti al loro posto: l’ipotesi dell’invasione, la promessa attuazione delle sanzioni e limiti nell’ottenimento di finanziamenti, oltre a una decisa condanna”.
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Piero Bevilacqua
Non saremmo onesti e neppure osservatori critici ed equanimi del nostro tempo se accanto alla condanna dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, non conservassimo la memoria di come siamo giunti a questo punto. Serve anche immediatamente per continuare a spingere al dialogo le forze in urto e animare i movimenti per la pace. Sul Manifesto più che in qualsiasi altro giornale italiano non ci si è fermati alla cronaca dei fatti presenti, tutta dominata dal racconto di Putin testardo e cinico invasore, e si è racconta un'altra storia, quella che ha costretto il leader russo a una risposta perdente sul piano politico immediato, tardiva, disperata: << non avevamo alternative >>, ha dichiarato in uno dei suoi ultimi discorsi in Tv. Una risposta che soddisfa le mire degli USA di continuare la guerra fredda.
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo come contributo al dibattito
Alberto Gabriele
1. Tutti i progressisti italiani, e a maggior ragione tutti i comunisti, devono essere grati al Professor Barbero. Egli rappresenta un esempio più unico che raro di intellettuale serio e onesto che, senza nascondere la sua adesione morale agli ideali del movimento operaio e socialista, è riuscito grazie alle sue eccezionali capacità comunicative a diventare – in un quadro di rapporti di forza oggettivi estremamente sfavorevole e quasi disperato – una figura di riferimento nel dibattito complessivo volto ad influenzare il senso comune degli italiani, e addirittura una star mediatica nazionale (senza alcuna ironia, e anzi nel migliore senso che si possa attribuire a questa ultima espressione).
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Rodrigo Andrea Rivas
“In piena facoltà egregio presidente
le scrivo la presente che spero leggerà.
La cartolina qui mi dice terra terra
di andare a far la guerra quest’altro lunedì.
Ma io non sono qui egregio presidente
per ammazzar la gente più o meno come me.
Io non ce l’ho con lei sia detto per inciso
ma sento che ho deciso e che diserterò”
Boris Vian, “Le Déserteur”, 1954 (tr. it. “Il disertore”, G. Calabrese)
Pochi giorni fa ho scritto che l’Europa si avvicinava ad una nuova crisi degli euromissili con epicentro Ucraina.
Poiché non si possono ignorare sempre i fatti, successivamente i media italiani hanno scoperto il problema.
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Luigi Pandolfi
(da: "il manifesto", 8.1.2022)
La crisi del Kazakhstan ha fatto sapere al mondo che questo paese è diventato l’eldorado degli «estrattori» di criptovalute. E’ stimato che nel 2021 si siano trasferite sul suo territorio – dalla Cina soprattutto – ben 90 mila società di «mining» (nei capannoni sparsi nel deserto «lavorano» più di cinquecentomila calcolatori), corrispondenti a circa il 20% del mercato mondiale. Ma che centrano i minatori virtuali con le proteste di piazza di questi giorni? Prima di rispondere a questa domanda bisogna fare un ripasso sul significato di criptovaluta.
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Andrea Vento *
A distanza di quattro mesi dal ritiro delle forze Nato e dal ritorno dei Talebani al potere, nel nostro Paese ancora non sono stati improntati né una seria riflessione pubblica, né un bilancio politico ufficiale sui risultati di 20 anni di presenza militare, sui suoi esiti, i sui suoi costi e sulle ricadute sulla popolazione afghana.
Il mal pianificato ritiro delle forze armate Usa e Nato disposto dall'amministrazione Biden, a seguito degli Accordi di Doha, sottoscritti da Trump il 29 febbraio 2020, e la drammatica fuga dal Paese degli occidentali e dei loro collaboratori dopo la repentina presa di Kabul da parte dei Talebani del 15 agosto, hanno concluso, con la partenza degli ultimi voli di evacuazione del 31 agosto 2021, la ventennale presenza militare, anche italiana, in Afghanistan.