Nunzia Augeri
Il compagno Edio Vallini, a lungo direttore responsabile di "Marxismo Oggi" rivista, è deceduto a Milano sabato 23 luglio scorso, all’età di 90 anni. Era stato iscritto al Pdci fin dal primo giorno, giacché Armando Cossutta stesso lo aveva contattato per assicurarsene la militanza. Vallini e Cossutta erano quasi coetanei, avevano vissuto entrambi i momenti più bui della Resistenza, poi gli anni di militanza nel Partito comunista e in Rifondazione comunista. In giovinezza erano stati complici di una grave infrazione all’etica del partito: andavano insieme a giocare a tennis, sfidando la disapprovazione per un’abitudine tanto “borghese”: la loro amicizia – erano quasi coetanei – rimase intatta per tutta la vita.
Edio Vallini fu giornalista, sociologo, storico, poeta, pubblicitario, addetto stampa del Teatro alla Scala: un’esperienza multiforme che – oltre la sua storia personale – risulta emblematica di un fenomeno rilevante nella società italiana del Novecento: l’acculturazione delle masse promossa dal Partito comunista.
Vallini proveniva da una famiglia milanese di modesti lavoratori: suo padre Agenore, iscritto al Partito comunista dai primi anni 30, nel 1938 era stato arrestato dalla vigile polizia fascista e condannato a 12 anni di carcere; ne scontò solo cinque, perché – detenuto a San Gimignano – il 25 luglio 1943 venne liberato dall’insurrezione popolare. Tornato a Milano, con il nome di “Elio” operava come organizzatore non solo della resistenza fra i ferrovieri ma anche delle azioni dei GAP nella zona est della città. Era appoggiato dalla moglie, la mitica Gianna Vallini, che animava la resistenza fra le donne e rimase poi fino a tarda età presidente della sezione ANPI 25 aprile di Via Canaletto: un indirizzo molto significativo per tutti i milanesi.
Edio respirò antifascismo fin dalla prima infanzia e venne coinvolto nella vita movimentata della famiglia, irta di pericoli e di ansie. Svolse una vera e propria azione partigiana nell’estate del 1944, recapitando una radio a una formazione garibaldina di stanza sopra il lago d’Orta. Un compagno operaio incaricato del trasporto era rimasto impaurito per i controlli che i fascisti effettuavano al passaggio del fiume Ticino, mentre il ragazzino esile con un piccolo zaino poté passare del tutto inosservato. L’azione era stata comunque pericolosa, il rischio era anzitutto la tortura. Per questa e per altre azioni condivise con mamma Gianna Edio non chiese mai alcun riconoscimento ufficiale.
Nel 1942 era entrato alla scuola media ma per l’infittirsi di bombardamenti e controlli polizieschi dovette lasciare la città e sfollare in Ossola presso i nonni. Al termine della guerra volle andare a lavorare e divenne uno dei tanti operai metalmeccanici della Brown Boveri. Era un ragazzo sveglio e curioso, il padre lo aveva avviato a buone letture, presto divenne collaboratore della stampa del Partito comunista come “corrispondente” della sua fabbrica. Cominciò a scrivere brevi ritratti dei suoi compagni. Il partito si rese conto della sua intelligenza e lo avviò ai corsi che si tenevano a livello regionale, nel Comasco.
Edio continuò a intervistare operai, non solo i compagni milanesi ma anche quelli che poteva incontrare sulle sue montagne, uomini e donne, in tutto circa 200. Da quella massa di appunti raccolti in vari anni trasse 27 biografie che andarono a formare il libro “Operai del nord”, edito nel 1957 dalla casa editrice Laterza: gli Editori Riuniti, del PCI, avevano rifiutato di pubblicarlo perché gli operai intervistati già allora si dimostravano critici nei confronti del partito e della CGIL.
Il libro ebbe un enorme successo e a ventisei anni Vallini si ritrovò al centro dell’attenzione letteraria e mediatica, lanciato in una folgorante carriera che nel giro di pochi anni lo portò al lavoro di giornalista, apprezzato e ricercato, e a pubblicare libri di ricerca storica come “Guerra sulle rotaie”, sulla resistenza fra i ferrovieri in cui suo padre aveva avuto tanta parte, e più tardi “La questione dell’Alto Adige”, un argomento allora scottante per le bombe che lo avevano accompagnato.
Intanto Edio studiava – nell’atmosfera pulsante di una Milano che esprimeva la Casa della Cultura, il Piccolo Teatro, il Convitto Rinascita – non solo la letteratura e la storia, ma anche discipline allora poco conosciute, come psicologia, sociologia, comunicazione, che gli valsero un lavoro nell’ufficio pubblicitario di una grande multinazionale, nonché un posto al Centro di ricerche economiche e sociali di Milano e al Centro italiano di ricerca e documentazione. Nel 1963 diede alle stampe “Pubblicità e comunicazione di massa”, un’opera d’avanguardia nell’Italia del tempo. In sociologia già allora si parlava di un “metodo Vallini”, che di fatto non poggia su alcuna tecnica specifica ma solo sull’umanità e l’empatia di un operaio fra compagni operai. Ancora nel 2019 l’Università di Udine progettava un breve corso sul “metodo Vallini”, ma l’iniziativa naufragò per il sopravvenire della pandemia.
Come abbiamo detto, Vallini rappresenta un fenomeno importante, cioè il grande lavoro di acculturazione delle masse operaie svolto dal Partito comunista, attraverso la sua rete di sezioni territoriali sparse su tutto il territorio. Non tutti gli operai comunisti, ovviamente, divennero scrittori o poeti, ma tutti i militanti del partito, forniti in genere solo di licenza elementare, impararono a leggere e capire testi di storia e di politica, a parlare in pubblico, a condurre una riunione: un’educazione che fu potente mezzo di ascesa sociale e contribuì a modernizzare la società italiana; i lavoratori divennero cittadini attenti alle vicende nazionali e internazionali, consci della loro funzione sociale e dei loro diritti.
Vallini non ebbe mai alcun titolo di studio e rimase fino all’ultimo orgoglioso del suo diploma di quinta elementare: ma leggeva correntemente i classici latini e si cimentò in una raffinatissima traduzione di alcuni passi del “De rerum natura” di Lucrezio. Terminò la sua vita lavorativa all’Ufficio stampa del Teatro alla Scala, al tempo di Grassi e Strehler: Vallini volle portare quella musica e quegli spettacoli di altissimo livello – riservati a una élite ricca e colta e a pochi appassionati – nel mondo delle fabbriche e delle scuole.
Rimase un uomo schivo e appartato, lontano dai palcoscenici letterari e mediatici. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo ne ha apprezzato l’intelligenza acuta e disincantata, la cordialità accompagnata da un velo di scontrosa riservatezza, la profonda umanità.
Ciao Edio, che la terra ti sia lieve.