Ruggero Giacomini
La polemica aperta dalla portavoce del Ministero degli Esteri russo Zacharova nei confronti del discorso del Presidente della Repubblica italiana Mattarella all’Università di Marsiglia, per i parallelismi storici tra la Russia di oggi e il Terzo Reich, si è allargata al confronto tra accademici grazie ad un’ampia e argomentata intervista al “Fatto quotidiano” di Luciano Canfora, cui ha replicato prontamente Piero Graglia, ordinario di Studi internazionali alla Statale di Milano, già candidato al Parlamento Europeo per il Partito Democratico.
Premetto che a mio giudizio il nodo della polemica Zacharova-Mattarella non riguarda tanto le politiche di appeasement delle potenze occidentali nei confronti del nazismo – di cui il patto di Monaco costituì il momento culminante – quanto piuttosto l’utilizzo strumentale del riferimento per criticare, come fosse un segno di debolezza, l’apertura statunitense alle trattative con la Russia per una soluzione negoziata della guerra in Ucraina. Non a caso il gotha politico nostrano si è ritrovato unanime, dalla Meloni alla Schlein, nell’elevare alte grida, menando scandalo per le critiche al Presidente. Riarmisti e bellicisti fino in fondo!
L'intervista di Daniela Ranieri a Luciano Canfora[1] contiene spunti di riflessione preziosi. Avanziamo qui alcune osservazioni alle critiche di Graglia, il quale coprendosi con attestazioni compiacenti tenta di screditare nella sostanza l’intervento di Canfora [2].
1. Un primo punto riguarda se i governanti della Gran Bretagna coltivassero o meno un rapporto di amicizia e collaborazione con la Germania in funzione antisovietica: «Amico Hitler per i britannici?», obietta Graglia, «Un pericolo, sicuramente per la stabilità continentale visto che aveva scritto nero su bianco sul Mein Kampf quello che intendeva fare, e – certo – anche un utile baluardo contro il bolscevismo. Ma che fosse un “quasi amico” nei termini presentati da Canfora è assolutamente fuori questione».
Ebbene è proprio nel Mein Kampf che gli esponenti inglesi trovavano la base della loro politica collaborativa. Che cosa vi diceva infatti Hitler? Che intendeva rispettare il dominio coloniale inglese, che ammirava, e che l’impero coloniale la Germania se lo sarebbe ritagliato nell’est dell’Europa, a scapito dei popoli dell’Unione Sovietica. Considerato che la Gran Bretagna era stata tra le principali potenze che erano intervenute per tentare di rovesciare con la forza militare il potere sovietico nato dalla Rivoluzione d’Ottobre, il programma hitleriano si trovava in continuità con le politiche britanniche.
Quanto alla «stabilità continentale», va ricordata, prima ancora dello smembramento della Cecoslovacchia, l’annessione dell’Austria. Il Ministro degli Esteri polacco, colonnello Beck, racconta nelle sue memorie che quando il 1° marzo 1938 incontrò a Roma Mussolini, questi gli comunicò in proposito che non avrebbe cavato le castagne dal fuoco per Francia e Inghilterra, e che se la Germania voleva l’Austria che se la prendesse. Cosa che avvenne pochi giorni dopo, senza che Inghilterra e Francia muovessero un dito.
2. Il professor Graglia contesta a Canfora che la spartizione della Cecoslovacchia, a cui parteciparono anche Polonia e Ungheria, sia avvenuta «durante la conferenza» di Monaco che vide accordarsi Chamberlain e Daladier con Hitler e Mussolini. Ma che sia avvenuta durante o come conseguenza della Conferenza poco cambia sul piano delle responsabilità. Semmai ci sarebbe da riflettere sull’ingenuità dei militari che governavano la Polonia, dove pure esisteva una consistente minoranza tedesca, che non ebbero neppure il sospetto che dopo la Cecoslovacchia la stessa sorte sarebbe potuta toccare a loro. Tanta era la fiducia che riponevano in Hitler!
3. Graglia ha anche da eccepire sulla notazione di Canfora per il mancato invito all'URSS a partecipare alla conferenza di Monaco, che pure si autorappresentava come conferenza sulla «sicurezza europea». Cerca di giustificare il fatto adducendo che l'URSS anni prima aveva condotto «una lotta ideologica strenua contro la socialdemocrazia», tra l’altro sovrapponendo e confondendo lo Stato sovietico con il Comintern e liquidando la stessa politica dei "Fronti Popolari" col riferimento alle «purghe staliniane», come se dentro ci fosse… il partito occidentale (o forse c’era?).
«Francesi e inglesi non volevano altri commensali al tavolo di Monaco, gli bastavano Hitler e Mussolini», afferma Graglia. ammettendo quindi implicitamente che non era la sicurezza e la stabilità europea che importava loro, quanto appunto indirizzare gli appetiti nazisti verso l’Urss. L'argomentazione di Canfora, sbattuta fuori dalla porta, rientra volente o nolente dalla finestra.
Aggiungo che l’alleanza realizzata a Monaco e annunciata dall’inatteso volo di Chamberlain per Monaco, oltre che incoraggiare Hitler a marciare verso est, ebbe almeno altre due conseguenze solitamente ignorate. La prima fu quella di salvare il capo nazista da una rivolta militare già pronta a scattare, con protagonisti molti di coloro che saranno coinvolti e massacrati per la tardiva replica del fallito attentato del luglio ‘44. Tutto era pronto, ma come ha scritto lo storico francese Raymond Cartier, il piano fu annullato «quando la radio aveva annunziato che Chamberlain, avendo ottenuto un’udienza dal Fuhrer, era in volo verso Berchtesgaden». E uno dei congiurati sopravvissuto, il generale Halder , spiegherà: «La base materiale del nostro complotto veniva così distrutta dal momento che Hitler non rientrava a Berlino. Così pure la base morale: noi potevamo arrestare un insensato che stava trascinando la Germania in una guerra perduta in partenza, ma non potevamo di certo arrestare un cancelliere che negoziava col primo ministro di Gran Bretagna il pacifico ritorno dei tedeschi nel Reich».
L’altra tragica conseguenza riguardò la Spagna: dove dopo Monaco i servizi segreti inglesi si attivarono per rimuovere un punto di contraddizione con Hitler cui era sensibile l’opinione pubblica della Gran Bretagna. Furono essi a spingere a Madrid con false promesse il colonnello Casado all'insubordinazione e al tradimento, aprendo a Franco la via della vittoria. Come denuncerà il Ministro degli Esteri della Repubblica spagnola Alvarez Del Vayo nelle sue memorie dall’esilio. Senza quel tradimento la guerra civile spagnola sarebbe confluita nella più grande guerra di pochi mesi dopo e avrebbe potuto avere tutt’altri esiti.
4. Infine, al vanto di Mattarella dei settant'anni di pace da ascrivere a merito della integrazione europea, Canfora aveva obiettato ricordando le guerre jugoslave. Graglia risponde che la Jugoslavia non faceva parte dell’Unione europea e che comunque quella sarebbe stata una «guerra civile e intestina», dimenticando – il che è poco scusabile per un docente di relazioni internazionali – il pesante intervento della Nato avvenuto scavalcando il Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Con gli Usa che si sono ritagliati con esso nel Kosovo la più grande forse delle centinaia di basi militari da essi installate in giro per il mondo.
[1] L'intervista può essere letta al seguente indirizzo internet: https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/l-canfora-paragonare-monco-1938-e-loggi-e-solo-propaganda-da-il-fatto/.
[2] Il commento critico del professor Graglia è reperibile al seguente indirizzo: https://www.facebook.com/photo/?fbid=10237137520915102&set=a.1092560351688.