Michael Jabara Carley*
Il 23 agosto, l’ufficio del primo ministro canadese ha rilasciato una dichiarazione per ricordare il cosidetto « Giorno del Fiocco Nero, » una festività fasulla istituita nel 2008-2009 dal Parlamento Europeo per commemorare le vittime del « totalitarismo » fascista e comunista e la firma del patto di non-aggressione Ribbentrop-Molotov nel 1939. Vari ragruppamenti politici di centro-destra all’interno del Parlamento Europeo, assieme alla Assemblea Parlamentare della NATO (leggi Stati Uniti) avevano dato il via o appoggiato questa idea. Nel 2009, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, in un incontro in Lituania, approvò una risoluzione « che equiparava il ruolo dell’URSS e della Germania nazista nell’avvio della Seconda Guerra Mondiale. »
La dichiarazione del primo ministro Justin Trudeau segue una impostazione simile. Eccone un brano : « Il Giorno del Fiocco Nero segna il cupo anniversario del Patto Molotov-Ribbentrop. Firmato da Unione Sovietica e Germania nazista nel 1939 per dividersi l’Europa Centrale e Orientale, l’infame patto preparò la scena per le orribili atrocità che questi regimi avrebbero commesso. Sulla scia di questo accordo, il regime nazista tedesco e quello comunista sovietico tolsero a molti paesi la loro autonomia, costrinsero famiglie a fuggire da casa e sterminarono comunità come quella degli ebrei, dei rom ed altre. I regimi sovietico e nazista portarono indicibili sofferenze tra i popoli dell’Europa, dato che milioni vennero uccisi senza ragione e vennero negati i loro diritti, le loro libertà e la dignità [corsivo aggiunto]. »
In quanto dichiarazione che pretende di riassumere le origini e lo svolgimento della Seconda Guerra Mondiale, si deve dire che si tratta di una ricostruzione farsesca degli eventi reali degli anni Trenta e della guerra. Si tratta di storia fake, politicamente motivata. É in effetti solo una montatura di bugie.
Partiamo dall’inizio.
Verso la fine di gennaio del 1933, il presidente Paul von Hindenburg nominò Hitler Cancelliere tedesco. Nel giro di mesi, il governo presieduto da quest’ultimo dichiarò fuorilegge il partito socialista e il partito comunista di Germania e iniziò a costruire lo stato nazista a partito unico. Il governo sovietico aveva fino ad allora mantenuto relazioni discrete o comunque corrette relazioni con la Germania di Weimar, come stabilito dal trattato di Rapallo del 1922. Il nuovo governo nazista, tuttavia, abbandonò quella politica e lanciò una campagna propagandistica contro l’Unione Sovietica, i suoi diplomatici e rappresentanti commerciali e d’affari presenti sul suolo tedesco. Uffici commerciali sovietici vennero talvolta devastati e il personale malmenato da teppisti nazisti.
A Mosca risuonò una campana d’allarme. I diplomatici sovietici e segnatamente il Commissario per gli Affari Esteri, Maxim M. Litvinov, avevano letto il Mein Kampf di Hitler, il progetto per il dominio tedesco sull’Europa, pubblicato a metà degli anni Venti. Il libro era diventato un bestseller e anche quasi un necessario complemento d’arredo sulla mensola o sul tavolo del soggiorno di ogni dimora tedesca. Per quanti di voi non lo sapessero, il Mein Kampf identificava ebrei e slavi come Untermenschen, sub-umani, buoni solo per essere fatti schiavi o morire. Gli ebrei non sarebbero stati i soli bersagli del genocidio nazista. Anche la Francia era nominata come un nemico abituale che doveva essere eliminato.
« Cosa mi dite del libro di Hitler ? » chiedeva spesso Litvinov ai diplomatici tedeschi a Mosca. Oh quello, rispondevano, non fateci caso. Hitler non voleva veramente dire quello che c’è scritto. Litvinov sorrideva educatamente in risposta a queste dichiarazioni, ma non credeva a una parola di quello che sentiva dai suoi interlocutori tedeschi.
Nel dicembre 1933, il governo sovietico decise ufficialmente di adottare una nuova politica di sicurezza collettiva e mutua assistenza contro la Germania nazista. Cosa significava esattamente questa politica ? L’idea sovietica era di far rivivere l’entente anti-Germania della Prima Guerra Mondiale formato da Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e sì, anche l’Italia fascista. Per quanto non dichiarato pubblicamente, era una politica di contenimento e di preparazione alla guerra contro la Germania nazista se questo contenimento non fosse stato sufficiente.
Nell’ottobre del 1933, Litvinov andò a Washington per definire i termini del riconoscimento diplomatico statunitense dell’URSS. Ebbe colloqui con il nuovo presidente americano, Franklin D. Roosevelt, sulla sicurezza collettiva contro il Giappone Imperiale e la Germania nazista. Iosif Stalin, il capo di Litvinov a Mosca, diede la sua approvazione per queste conversazioni. Le relazioni Unione Sovietica–Stati Uniti erano partite bene, ma nel 1934 il Dipartimento di Stato – anti-comunista fino all’ultimo uomo – sabotò il riavvicinamento lanciato da Roosevelt e Litvinov.
Nello stesso periodo i diplomatici sovietici a Parigi stavano discutendo della sicurezza collettiva con il ministro degli esteri francese, Joseph Paul-Boncour. Nel 1933 e 1934 Paul-Boncour e il suo successore Louis Barthou strinsero le relazioni con l’Unione Sovietica. La ragione era semplice : entrambi i governi si sentivano minacciati dalla Germania di Hitler. Anche qui le promettenti relazioni franco-sovietiche vennero sabotate da Pierre Laval, che era successo a Barthou dopo che questo era stato ucciso a Marsiglia nell’attentato che aveva portato alla morte del re della Jugoslavia Alessandro I nell’ottobre 1934. Laval era un anti-comunista che preferiva un riavvicinamento alla Germania nazista più dell’adesione alla sicurezza collettiva con l’URSS. Peranto, riuscì a fare a pezzi il Patto di mutua assistenza franco-sovietico che era stato finalmente firmato nel maggio 1935 solo per ritardarne la ratifica da parte dell’Assemblea Nazionale francese. Io lo chiamo il patto della coquille vide o della conchiglia vuota. Laval perse il potere nel 1936, ma il danno era già stato fatto. Dopo la caduta della Francia nel 1940, Laval divenne un collaboratore dei nazisti e nell’autunno del 1945 venne fucilato per tradimento.
Anche in Gran Bretagna i diplomatici sovietici erano attivi e cercavano di favorire un riavvicinamento anglo-sovietico. Lo scopo era stabilire i termini per una politica di sicurezza collettiva contro la Germania nazista. Anche qui, questa politica venne sabotata, dapprima con la stipula dell’accordo navale anglo-tedesco nel giugno del 1935. Si trattava di un patto bilaterale sul riarmo navale tedesco. I governi sovietico e francese ne furono stupefatti e considerarono l’accordo britannico con la Germania alla stregua di un tradimento. All’inizio del 1936 un nuovo Segretario britannico agli Esteri, Anthony Eden, mise un freno al riavvicinamento a causa della « propaganda » comunista. I diplomatici sovietici pensavano che Eden fosse « un amico ». Non lo era.
In ogni caso, sia gli Stati Uniti, che Francia e Gran Bretagna bloccarono discussioni con l’URSS che erano inizialmente sembrate promettenti. Perché questi governi si comportavano in questo modo apparentemente tanto incomprensibile in retrospettiva ? Perché, tra le élite di governo di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, l’anticomunismo e la sovietofobia avevano motivazioni più forti della percezione di un pericolo nel nazismo. Al contrario, questi gruppi dirigenti erano in larga misura molto più in sintonia con Hitler. Il fascismo era un baluardo costruito in difesa del capitalismo, contro il montare del comunismo e contro l’estendersi dell’influenza sovietica in Europa. La grande questione degli anni Trenta era « chi è il nemico numero 1 ? ». La Germania nazista o l’URSS ? Queste élite troppo spesso, non tutte, ma in maggioranza, diedero a questa domanda la risposta sbagliata. Preferivano un riavvicinamento alla Germania nazista piuttosto che la sicurezza collettiva e la mutua assistenza con l’URSS. Il fascismo rappresentava la forza, il potere, la virilità per élite europee che spesso dubitavano di se stesse e temevano il comunismo. Uniformi di cuoio, l’odore del sudore di decine di migliaia di fascisti marcianti con i loro tamburi, bandiere e fiaccole erano come afrodisiaci per le élite insicure della loro propria virilità e della loro sicurezza di fronte all’espandersi della influenza sovietica. La guerra civile spagnola, scoppiata nel luglio del 1936, polarizzò la politica europea tra una destra e una sinistra e rese impossibile ogni mutua assistenza contro la Germania.
L’Italia era un caso particolare. Il governo sovietico mantenne relazioni passabili con Roma, anche se l’Italia era fascista e la Russia, uno stato comunista. L’Italia aveva combattuto a fianco dell’Entente durante la Prima Guerra Mondiale e Litvinov voleva mantenerla da questa parte nella nuova coalizione che egli cercava di costruire. Benito Mussolini, tuttavia, aveva ambizioni coloniali in Africa orientale e lanciò una guerra d’aggressione contro l’Abissinia, l’ultima parcella di territorio africano che non era stata colonizzata dalle grandi potenze europee. Per farla breve, la crisi abissina fu l’inizio della fine delle speranze di Litvinov di tenere l’Italia dalla parte in cui era stata nel primo conflitto mondiale.
Anche in Romania i diplomatici sovietici avevano avuto qualche precoce successo. Il primo ministro rumeno, Nicolae Titulescu, era a favore della sicurezza collettiva e lavorava in sintonia con Litvinov per migliorare le relazioni rumeno-sovietiche. Era Titulescu che appoggiava Litvinov nel suo tentativo di concludere un accordo con la Francia nel 1935 per un patto di mutua assistenza, nonostante l’ipocrisia e la cattiva fede di Laval. Tra Titulescu e Litvinov ci furono discussioni sulla mutua assistenza, tuttavia non approdarono a nulla. La Romania era dominata da un’élite di estrema destra che disapprovava un miglioramento delle relazioni con l’URSS. Nell’agosto del 1936 Titulescu si trovò politicamente isolato e fu costretto a dimettersi. Passò gran parte del suo tempo all’estero, perché a Bucarest temeva per la sua vita.
In Cecoslovacchia, Eduard Beneš, come Titulescu, era favorevole alla sicurezza collettiva contro la minaccia nazista. Nel maggio del 1935 Beneš, il presidente cecoslovacco, firmò con l’URSS un patto di mutua assistenza, ma lo rese molto meno stringente per evitare di andare oltre le misure presenti nel patto sovietico con la Francia, che era stato sabotato da Laval. I cecoslovacchi temevano la Germania nazista, e giustamente, ma non volevano allearsi strettamente con l’URSS senza il pieno appoggio di Gran Bretagna e Francia, che mai lo concessero.
Cecoslovacchia e Romania guardavano ad una Francia forte e non sarebbero mai andate oltre gli impegni francesi con l’URSS. La Francia guardava alla Gran Bretagna. La chiave erano i britannici. Se questi fossero stati pronti a dare il via ad un’alleanza con l’URSS, tutti gli altri avrebbero saltato la linea. Senza i britannici – che non avrebbero sottoscritto alcun accordo – tutto sarebbe andato in pezzi.
L’Unione Sovietica tentò anche di migliorare i suoi rapporti con la Polonia. Anche qui, i diplomatici sovietici fallirono quando il governo polacco firmò un patto di non aggressione con la Germania nel gennaio del 1934. L’élite polacca non aveva mai nascosto le sue preferenze per un riavvicinamento alla Germania piuttosto che a un miglioramento delle relazioni con l’URSS. I polacchi divennero gli ostacoli alla sicurezza collettiva, sabotando i tentativi sovietici di organizzare un’entente anti-tedesca. Il governo di Varsavia toccò il suo punto più basso nel 1938, come complice dei nazisti nello smembramento della Cecoslovacchia, prima di diventare, assieme al suo popolo, nel 1939, egli stesso vittima del nazismo. I diplomatici sovietici avevano ripetutamente messo in guardia le loro controparti polacche, suggerendo che il loro paese era votato alla rovina se non avesse cambiato politica. I polacchi ridevano di fronte a questi avvertimenti e li trascurarono completamente. I russi erano « barbari », dicevano, i tedeschi un « popolo civilizzato ». La scelta tra i due era facile da farsi.
Lasciatemi essere chiaro su questo punto. Le evidenze archivistiche non lasciano dubbi. Il governo sovietico offrì sicurezza collettiva e mutua assistenza a Francia, Gran Bretagna, Polonia, Romania, Cecoslovacchia e persino all’Italia fascista e, in tutti i casi, l’offerta venne respinta, in verità rigettata sprezzantemente nel caso della Polonia, il grande ostacolo alla sicurezza collettiva sulla via che portò alla guerra nel 1939. Negli Stati Uniti fu il Dipartimento di Stato a sabotare il miglioramento delle relazioni con Mosca. Nell’autunno del 1936, tutti i tentativi sovietici per siglare un trattato di mutua assistenza erano falliti e l’URSS si trovò isolata. Nessuno voleva allearsi con Mosca contro la Germania nazista. Tutte le potenze europee prima elencate condussero negoziati con Berlino per convincere il lupo ad allontanarsi dalla loro porta. Si, anche i cecoslovacchi. L’idea, sia dichiarata che non dichiarata, era di indirizzare le ambizioni di Hitler verso oriente, contro l’URSS.
Poi, nel settembre 1938, venne il tradimento di Monaco. Gran Bretagna e Francia vendettero la Cecoslovacchia alla Germania. « Pace nel nostro tempo », dichiarò il primo ministro britannico Neville Chamberlain. La Cecoslovacchia venne smembrata per comprare la « pace » per Francia e Gran Bretagna. La Polonia ebbe una piccola parte del bottino come parte dell’indecente accordo. « Sciacalli », così Churchill apostrofò i polacchi. Nel febbraio del 1939 il Manchester Guardian definì Monaco come la vendita di amici per tacitare i nemici. La descrizione è appropriata.
Nel 1939 si presentò l’ultima occasione per concludere un patto anglo-franco-sovietico di mutua assistenza contro la Germania nazista. Ne ho parlato come « l’alleanza che non ci fu ». Nell’aprile del 1939 il governo sovietico offrì a Francia e Gran Bretagna un’alleanza politica e militare contro la Germania nazista. I termini dell’accordo per l’alleanza vennero presentati per iscritto a Londra e Parigi. Nella primavera del 1939 la guerra sembrava inevitabile. Quel che era rimasto della Cecoslovacchia era sparito a marzo, fagocitato dalla Wehrmacht senza sparare un colpo. Più tardi, nello stesso mese, Hitler reclamò la città lituana di Memel abitata da tedeschi. In aprile, in Gran Bretagna, un sondaggio Gallup mostrò che esisteva un massiccio sostegno popolare per un’alleanza con i sovietici. Anche in Francia l’opinione pubblica era a favore di un’intesa con Mosca. Churchill, allora un parlamentare conservatore, dichiarò alla Camera dei Comuni che senza l’URS non c’era alcuna possibilità di resistere alle aggressioni naziste.
Logicamente, si può pensare che i governi francese e britannico avrebbero colto l’offerta sovietica con entrambe le mani. Non successe. Il Foreign Office respinse la proposta di alleanza dei sovietici e fu seguito dal ministero degli esteri francese. Litvinov perse il posto di Commissario agli Affari Esteri e fu sostituito da Viacheslav Molotov. Per un po’ la politica sovietica continuò immutata. In maggio Molotov inviò un messaggio a Varsavia in cui dichiarava che il governo sovietico avrebbe aiutato la Polonia a difendersi da un’aggressione tedesca, se l’avesse desiderato. Pare incredibile, ma già il giorno dopo i polacchi respinsero l’offerta di aiuto.
Nonostante l’iniziale rifiuto britannico per la proposta sovietica, i negoziati anglo-franco-sovietici continuarono nei mesi dell’estate del 1939. Contemporaneamente, comunque, funzionari britannici furono scoperti a negoziare con i tedeschi alla ricerca di un’intesa dell’ultima ora con Hitler. Alla fine di luglio divenne pubblica sui giornali inglesi la notizia secondo cui britannici e francesi si stavano preparando ad inviare missioni militari a Mosca per concludere un’alleanza. La notizia provocò scandalo a Londra e fece sorgere tra i sovietici comprensibili dubbi sulla buona fede degli anglo-francesi. Fu allora che Molotov iniziò a mostrare un interesse per le aperture tedesche per giungere ad un accordo.
Lo scandalo maggiore doveva ancora arrivare. Le missioni militari britanniche e francesi viaggiarono alla volta di Mosca su una vecchia nave mercantile presa a noleggio che raggiungeva come velocità massima i tredici nodi. Un funzionario del Foreign Office aveva proposto di inviare le delegazioni con un convoglio di veloci incrociatori britannici. Il ministro degli esteri, Edward Lord Halifax, ritenne che l’idea fosse provocatoria e così il trasporto avvenne con la nave mercantile noleggiata e impiegò cinque giorni a toccare l’URSS. Cinque giorni contavano dato che la guerra poteva scoppiare in ogni momento.
Poteva la situazione diventare più tragica o più farsesca ? Certamente. Il capo negoziatore britannico, l’ammiraglio Sir Reginald Drax, non aveva credenziali scritte per firmare un accordo con la parte sovietica. Il suo corrispondente francese, generale Joseph Doumenc, portava una lettera dal contenuto vago sull’autorità che gli era stata conferita dal presidente del Consiglio francese. Poteva negoziare, ma non firmare un accordo. Doumenc e Drax erano funzionari inutili. Dall’altro lato del tavolo, i sovietici erano rappresentati dal Commissario per la Guerra con pieni poteri plenipotenziari. « Tutte le indicazioni concordano » avvertiva l’ambasciatore britannico a Mosca, « sul fatto che i negoziatori militari sovietici sono veramente pronti a concludere. » Di contro, le istruzioni formali britanniche erano « procedete molto lentamente ». Quando Drax incontrò il ministro degli esteri Halifax, prima di partire per Mosca, e gli chiese sulla « possibilità di fallimento » del negoziato. « Ci fu un breve ma significativo silenzio, » secondo Drax, « e il ministro degli esteri quindi sottolineò che complessivamente sarebbe stato preferibile trascinare i negoziati il più a lungo possibile. » Doumenc osservò che era stato mandato a Mosca « a mani vuote ». Non avevano nulla da offrire ai loro interlocutori sovietici. I britannici potevano mandare due divisioni in Francia all’inizio di una guerra europea. L’Armata Rossa poteva immediatamente mobilitare un centinaio di divisioni e i sovietici avevano appena sbaragliato i giapponesi in duri combattimenti lungo la frontiera con la Manciuria. Cosa succede ? « Non sono seri, » conclue Stalin. Aveva ragione. I governi britannico e francese pensavano di potere farsi beffe di Stalin. Era un errore.
Dopo aver smascherato la loro cattiva fede, dopo tutti gli inganni, cosa avresti fatto tu al posto di Stalin, o al posto di chiunque altro dirigente sovietico ? Prendi i polacchi, ad esempio, avevano lavorato contro la diplomazia sovietica a Londra, a Parigi, a Bucarest, a Berlino, persino a Tokio … dovunque avessero potuto mettere un bastone tra le ruote dei sovietici. Avevano condiviso con Hitler le spoglie dello smembramento della Cecoslovacchia. Nel 1939 avevano tentato fino all’ultimissimo momento di mettere fuori strada un’alleanza anti-nazista nella quale l’URSS era una dei firmatari. Lo so, sembra tutto incredibile, come una trama impossibile in un brutto racconto, ma è vero. E dopo i polacchi ebbero la temerarietà di accusare la parte sovietica di averli colpiti alla schiena. Era l’accusa di Satana. L’élite di governo polacca aveva portato alla rovina sé stessa e il suo popolo. Persino oggi é ancora la stessa vecchia Polonia. Il governo polacco sta rievocando l’inizio della Seconda Guerra Mondiale invitando a Varsavia le ex-potenze dell’Asse, ma non la Federazione Russa, anche se fu l’Armata Rossa a liberare la Polonia con costi altissimi in morti e feriti. Questo è un fatto storico che i nazionalisti polacchi semplicemente non riescono a sopportare di sentire e che cercano di cancellare dalla loro memoria.
Dopo quasi sei anni spesi nel tentativo di creare un’ampia alleanza anti-tedesca in Europa, in particolare con Gran Bretagna e Francia, il governo sovietico non aveva raccolto nulla dai suoi sforzi. Nulla. Alla fine del 1936 l’URSS era effettivamente isolata e, tuttavia, i diplomatici sovietici continuavano a ricercare un accordo con Francia e Gran Bretagna. I britannici, i francesi, i romeni e persino i cecoslovacchi e in particolare i polacchi sabotarono, respinsero o ignorarono le offerte sovietiche, indebolirono gli accordi con Mosca e tentarono loro stessi di trattare con Berlino le condizioni per venire risparmiati. Era come se stessero facendo un favore a Mosca assecondando con sorrisi educati e d’intesa i diplomatici sovietici che parlavano del Mein Kampf e li mettevano in guardia dal pericolo nazista. Il governo sovietico temeva di essere lasciato nei guai da solo a combattere contro la Wehrmacht mentre in occidente francesi e britannici se ne stavano seduti a girarsi i pollici. Dopotutto, questo è esattamente quello che Gran Bretagna e Francia fecero mentre la Polonia collassava, nel giro di giorni, agli inizi di settembre per mano della Wehrmacht. Se francesi e britannici non aiutavano la Polonia, avrebbero fatto qualcosa di più per l’URSS ? È una domanda che certamente Stalin e i suoi colleghi si fecero.
Il Patto Molotov-Ribbentrop fu il risultato del fallimento di quasi sei anni di sforzi sovietici per formare un’alleanza anti-nazista con le potenze occidentali. Era un brutto patto. Fu il sovietico si salvi chi può, e conteneva un codicillo segreto che prevedeva la creazione di « sfere d’influenza » in Europa orientale « nel caso di … risistemazioni politiche e territoriali ». Ma non era peggio di quanto Gran Bretagna e Francia avevano fatto a Monaco. « C’est la réponse du berger à la bergère, » osservò l’ambasciatore francese in Russia. Se c’è pappa per le oche, ce n’è anche per i loro piccoli. Lo smembramento della Cecoslovacchia fu il precedente per quello che seguì. Come in seguito disse appropriatamente lo storico inglese A. J. P. Taylor : le violente reprimende occidentali contro l’URSS « giungono prive di ogni legittimità dagli statisti che andarono a Monaco … I russi in effetti fecero solo quello che gli uomini di stato occidentali avevano sperato di fare. L’amarezza occidentale era solo l’amarezza della delusione mischiata alla rabbia perchè le loro professioni di comunismo non erano più sincere che le proprie professioni di democrazia [nel trattare con Hitler]. »
Successe quindi un periodo di appeasement sovietico con la Germania hitleriana non più interessante di quanto fosse stato l’appeasement anglo-francese che l’aveva preceduto. E Stalin fece un madornale errore. Non si curò degli avvertimenti del suo stesso spionaggio militare su una prevedibile invasione nazista dell’URSS. Pensava che Hitler non sarebbe stato tanto pazzo da invadere l’Unione Sovietica quando la Gran Bretagna era ancora una potenza belligerante. Come si sbagliava. Il 22 giugno 1941 le potenze dell’Asse invasero la Russia con un imponente forza militare lungo un fronte che si snodava dal Baltico al Mar Nero.
Fu l’inizio della Grande Guerra Patriottica, 1418 giorni della più orrenda e atroce violenza. L’URSS alleata, alla fine, con Gran Bretagna e Stati Uniti contro la Germania hitleriana. Era la cosiddetta Grande Alleanza. La Francia, naturalmente, era scomparsa, schiacciata dall’esercito tedesco in una disfatta militare nel maggio 1940. Durante i primi tre anni di combattimento, dal giugno 1941 al giugno 1944, l’Armata Rossa lottò quasi da sola contro la Wehrmacht nazista. Che ironia. Stalin aveva fatto tutto quel che poteva per evitare di dover affrontare la Germania hitleriana da solo, e invece, ecco era proprio l’Armata Rossa, quasi senza nessun altro, contro la Wehrmacht e le Potenze dell’Asse. La marea della battaglia cambiò di verso a Stalingrado, sedici mesi prima che gli alleati occidentali sbarcassero in Normandia. Ecco quello che il presidente Roosevelt scrisse a Stalin il 4 febbraio 1943, il giorno prima che le ultime forze tedesche si arrendessero a Stalingrado. « Come comandante supremo delle Forze Armate degli Stati Uniti d’America, mi congratulo con voi per la brillante vittoria ottenuta a Stalingrado dalle truppe sotto il vostro comando supremo. I centosessantadue giorni di epica lotta per la città che ha per sempre reso glorioso il vostro nome, e il risultato decisivo che oggi festeggiano tutti gli americani, sarà uno dei più grandi capitoli di questa guerra di popoli uniti contro il nazismo e i suoi seguaci. I comandanti e i soldati del vostro esercito al fronte, e gli uomini e le donne che li hanno sostenuti nelle fabbriche e nei campi, si sono riuniti non solo per coprire di gloria le armi del proprio Paese, ma anche per suscitare con il loro esempio una nuova determinazione tra le Nazioni Unite a impegnare tutte le energie per ottenere la disfatta finale e la resa incondizionata del nemico comune. » Come Churchill disse rivolgendosi a Roosevelt circa nello stesso periodo : « Ascolta, chi combatte veramente oggi ? Solo Stalin ! E guarda come sta combattendo .. » Certo, non dovremmo, neppure ora, dimenticare come combattè l’Armata Rossa.
Da giugno 1941 a settembre del 1943 non ci fu una sola divisione statunitense, britannica o canadese a combattere sul continente europeo. Neppure una. I combattimenti in Nord Africa erano quasi una messa in scena dove le forze anglo-americane affrontavano due divisioni tedesche quando erano più di duecento le divisioni di Hitler schierate sul fronte sovietico. La campagna d’Italia che iniziò nel settembre 1943 fu un fiasco che teneva impegnate più truppe alleate che tedesche. Quando gli alleati occidentali alla fine arrivarono in Francia, la Wehrmacht era l’ombra malridotta di quella che era stata quando i soldati tedeschi avevano attraversato le frontiere tedesche nel giugno 1941. La Normandia, resa possibile dall’Armata Rossa, non fu in alcun modo il punto culminante nè in nessun senso la battaglia « decisiva » della Seconda Guerra Mondiale, come i media occidentali di grande diffusione hanno cercato di accreditare.
Nell’Unione Sovietica i tedeschi sacchggiarono, bruciarono, amazzarono senza sosta in un tentativo di genocidio del popolo sovietico, degli slavi e degli ebrei. Si stima che 17 milioni di civili morirono per mano delle armate naziste e dei loro collaboratori ucraini e baltici. Dieci milioni di soldati dell’Armata Rossa perirono in guerra per liberare l’Unione Sovietica e l’Europa orientale e ricacciare la bestia nazista nel suo covo a Berlino. Ampie regioni dell’Unione Sovietica da Stalingrado ad est al Caucaso e Sebastopoli a sud fino ai confini con la Romania, la Polonia e le frontiere baltiche ad occidente e a nord furono devastate fino alla distruzione. Mentre ci furono massacri di civili a Ouradour-sur-Glâne in Francia e a Lidice in Cecoslovacchia, ci furono centinaia di questi massacri in Unione Sovietica, in Bielorussia e in Ucraina, in luoghi di cui non conosciamo il nome o che sono solo segnati in archivi sovietici non pubblicati e tuttora non visti da alcun ricercatore. Qualunque peccato, qualsiasi turpitudine, qualsivoglia errore il governo sovietico abbia commesso tra il settembre 1939 e il giugno 1941, sono stati ripagati in pieno dai colossali sacrifici e dalla vittoria delle armi sovietiche contro la Germania hitleriana.
Alla luce di questi fatti, la dichiarazione di Trudeau del 23 agosto è propaganda anti-russa con una motivazione politica che non serve alcun interesse nazionale canadese. Trudeau ha insultato gratuitamente non solo il governo della Federazione Russa, ma anche i russi i cui genitori e nonni combatterono nella Grande Guerra Patriottica. Egli tenta di delegittimare il carattere di riscatto della guerra dell’URSS contro l’invasione hitleriana e di screditare lo sforzo bellico sovietico. La dichiarazione di Trudeau asseconda gli interessi del suo ministro degli esteri a Ottawa, Chrystia Freeland, una nota russofoba, che celebra la vita del suo defunto nonno, un ucraino collaborazionista dei nazisti nella Polonia sotto occupazione. La Freeland è un ministro che sostiene il regime di Kiev, emerso dal violento colpo di stato - cosidetto di Maidan - contro il presidente ucraino uscito dalle elezioni, un governo appoggiato all’interno da milizie fasciste e all’estero dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Per quanto assurdo possa sembrare, questo regime celebra le gesta dei collaborazionisti dei nazisti nella Seconda Guerra Mondiale, ora trattati da eroi nazionali. Il primo ministro canadese ha un disperato bisogno di una lezione di storia prima di insultare il popolo russo e anche di denigrare i sacrifici dei soldati e marinai canadesi alleati con l’URSS contro il comune nemico.
(traduz. Silvio Calzavarini)
* Strategic Culture Foundation, 1° settembre 2019, autore del libro 1939 L’alleanza che non si fece e l’origine della Seconda Guerra Mondiale, Napoli, La Città del Sole 2009.