Serena Campani
(Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati)
Probabilmente in queste settimane vi sarà capitato di vedere su internet e sui social la fotografia di una giovanissima ragazza bionda con i capelli lunghi ricci e uno sguardo coraggioso e combattivo. E’ Ahed Tamimi e vive nel villaggio di Nabi Saleh, poco lontano da Ramallah, una città palestinese, sede dell'Anp, situata nel centro della Cisgiordania, sui monti della Giudea, a circa 18 Km da Gerusalemme.
Ahed potrebbe essere una mia studentessa, volendo anche mia figlia, così vedendo il suo volto fiero rimbalzare sulla ribalta mediatica durante i giorni di Natale, mi sono chiesta cosa avesse combinato questa ragazzina sedicenne per finire in carcere. Questo il video del suo “reato”, girato e reso pubblico da una sua amica: https://www.youtube.com/watch?v=EjZecwuaw4k
Come si evince dal video pubblicato su Youtube, Ahed è rea di essersi scagliata contro due soldati dell’esercito Israeliano che erano entrati nel suo cortile. La settimana precedente un soldato aveva gravemente ferito il cugino di 11 anni sparandogli una pallottola (di gomma, ma pur sempre una pallottola!) in faccia e riducendolo in coma farmacologico per una settimana. A causa delle violenze dell'esercito israeliano, negli anni suo zio e suo cugino sono stati uccisi, sua madre colpita a una gamba e costretta a portare le stampelle per più di un anno. I suoi genitori e suo fratello arrestati per mesi. Eppure il 2 luglio 2010 a Hebron la colona israeliana Yitaf Alkobi prese a schiaffi un soldato nessuno protestò in Israele. La donna fu fermata, interrogata e poi rilasciata. Eppure Alkobi era ben nota alle forze militari e di polizia. Varie volte era stata segnalata per la sua aggressività e per i lanci di pietre, nessun ministro israeliano però si espose per chiedere una punizione esemplare come è avvenuto nel caso di Ahed Tamimi.
La realtà è che Ahed, non è una pericolosa terrorista, e non è neppure armata rispetto a quei militari bardati di tutto punto, sembra innocua…e lo è. Allora perché incarcerare questa adolescente ribelle? E soprattutto, il suo comportamento è frutto di un gesto estemporaneo di ribellione, oppure affonda le radici in qualcosa di più profondo?
E’ necessario quindi sapere che la vicenda personale e familiare di Ahed si intreccia in modo ineludibile ad una storia assai più grande di lei, a dinamiche geopolitiche internazionali a cui i telegiornali dedicano poco spazio e che solo capendo il contesto in cui vive assieme al suo martoriato popolo, si possono comprendere le sue azioni. Ecco un video, che in 7 minuti descrive i nodi fondamentali della questione palestinese, realizzato da Jewish voice for Peace, una associazione di ebrei antisionisti americani che lavora per una pace che assicuri pari dignità e diritti ai due popoli che vivono nella stessa terra: https://www.youtube.com/watch?v=SLoEDZ_AVQA
Ora che il quadro è più chiaro si capisce che Ahed Tamimi è diventata una ragazza-simbolo, il potente emblema della lotta che porta avanti assieme al suo popolo. Come Iqbal, il ragazzino Pakistano che divenne il volto della lotta contro lo sfruttamento minorile nelle fabbriche dei tappeti, o Malala che ha lottato contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione, venendo insignita a solo 17 anni del premio Nobel per la Pace.
L'arresto quindi, di una minorenne, che dovrà rimanere in carcere per tutta la durata del processo, non può lasciare indifferente l’opinione pubblica internazionale né la coscienza di ciascuno di noi, a maggior ragione visto il comportamento irresponsabile del presidente USA Donald Trump che ha riacceso la miccia della tensione internazionale da inizio dicembre, decretando lo spostamento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, riconoscendola unilateralmente capitale d’Israele, decisione questa condannata dall’Assemblea Generale dell’ONU in una risoluzione approvata a larghissima maggioranza il 21 Dicembre, con 128 voti a favore (tra cui l’Italia), solo 9 contrari e 35 astensioni.
Il 25 Dicembre, Papa Francesco, nel suo messaggio del giorno di Natale, ha invitato a vedere Gesù nel volto dei tanti bimbi che soffrono nel mondo. “Vediamo Gesù nei bambini del Medio-Oriente, che continuano a soffrire per l’acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi.” Il Papa ha lanciato un appello per il raggiungimento della pace a Gerusalemme e per tutta la Terra Santa, auspicando che “tra le parti prevalga la volontà di riprendere il dialogo e si possa finalmente giungere a una soluzione negoziata che consenta la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini concordati tra loro e internazionalmente riconosciuti”. Una voce che dovrebbe essere ascoltata e trasformata in azione politica dai governi europei che hanno votato a favore della condanna, in sede Onu, dello scellerato atto di Trump.
Le vicende degli ultimi mesi costituiscono ulteriore prova che gli Usa hanno rivestito sino a questo momento un finto ruolo di mediatore che ha consentito ad Israele di continuare ad espropriare terre palestinesi e ad espandere gli insediamenti colonici, tutti illegali in base al diritto internazionale. Il taglio della metà dei fondi destinati sino allo scorso anno all'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, costituiscono ulteriore ricatto verso il popolo palestinese che non si è piegato ed ha ripreso la lotta dal basso abbandonata negli ultimi anni a causa della politica collaborazionista, frutto della trappola di Oslo, in cui si è impantanata l'Anp a guida Abu Mazen.
Occorre sostenere questo scatto di dignità e di orgoglio della popolazione dei Territori Occupati e di Gaza ed aprire un fronte di solidarietà per riportare al centro dell'agenda politica internazionale il diritto del popolo palestinese a vivere in uno stato autonomo e sovrano entro i confini anteriori al 1967 e con capitale Gerusalemme Est, come sancito dalle Risoluzioni Onu. Ora, subito perché il tempo gioca solo a favore della politica espansionista, bussola della matrice sionista di Israele, sempre più sfrontata e arrogante dopo l'insediamento dell'amico Trump alla Casa Bianca.
Oggi tutti coloro che sostengono la causa palestinese riconoscono in lei il volto della lotta per i diritti negati di un popolo, ma anche quella per la sua scarcerazione visto che il 17 gennaio i giudici militari israeliani, incuranti del fatto che si tratti di una adolescente, sulla quale ora gravano ben 12 capi d’accusa, hanno confermato che resterà in carcere per tutta la durata del processo che sarebbe dovuto cominciare il 31 gennaio, proprio il giorno del compleanno, ma che invece è stato rinviato al 6 Febbraio.
La vicenda di Tamimi richiama, giorno dopo giorno, sempre più attenzione a livello internazionale e crescente è il movimento di solidarietà che si sta creando per la sua scarcerazione: in occasione del suo compleanno, infatti, sono stati migliaia i messaggi di solidarietà provenienti da tutto il mondo. Tra questi spiccano quelli di oltre 700 giovani ebrei americani che, tramite due gruppi anti-occupazione, IfNotNow e All That’s Left, hanno inviato le loro lettere al padre Bassem. Mentre a New York, Boston e Washington. si sono svolti sit-in per chiederne il rilascio e l'appello lanciato su Avaaz sta andando a gonfie vele (vedi link in basso). Anche in Italia, un gruppo di autorevoli personalità ha inviato un appello (riportato sotto) al Presidente Mattarella affinché si adoperi personalmente per la sua liberazione.
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Appello a Mattarella: «Liberiamo Ahed Tamimi»
Signore Presidente, le chiediamo un suo intervento affinché abbia fine la detenzione dei bambini palestinesi nelle prigioni israeliane. In particolare vorremmo portare alla sua conoscenza il caso di Ahed Tamimi arrestata a soli 16 anni dalle forze di occupazione israeliane.
Lo scorso 15 dicembre 2017 Mohammed Tamimi, 15 anni, era stato colpito alla testa da un proiettile di metallo ricoperto di gomma sparato a distanza ravvicinata da un soldato dell’esercito occupante israeliano. Il ragazzo versava in condizioni critiche e la cugina, Ahed Tamimi era rimasta visibilmente sconvolta dalla gravità delle ferite di Mohammed. La stessa unità di soldati si era poco dopo avvicinata alla casa della famiglia Tamimi e Ahed aveva urlato contro di loro schiaffeggiando anche un soldato. La mamma di Ahed aveva ripreso in un video quanto successo tra la figlia ed il soldato postandolo sui social: in esso si vede il coraggio di un’adolescente che, a mani nude, affronta 2 soldati pesantemente armati. Per questo, il 19 dicembre 2017, nella notte, Ahed è stata portata via dalla sua casa dall’esercito israeliano e condotta davanti al tribunale militare di Ofer. Sulla base dei 12 capi d’imputazione a lei addebitati, potrebbe essere condannata a 12 anni di prigione: il futuro di Ahed appare buio, se non si interverrà.
Ci appelliamo a lei, Presidente, nella speranza che, grazie alla sua autorevolezza, Ella possa adoperarsi per la liberazione di Ahed. Il suo caso non è purtroppo isolato. Secondo Defence Children International- Palestine, Israele porta davanti ai tribunali militari ogni anno dai 500 ai 700 bambini, alcuni di soli 12 anni, e tiene costantemente in carcere una media di 200 bambini.
Secondo i report delle agenzie internazionali, tra cui Unicef, Human Rights Watch, B’Tselem, Amnesty International e Defence Children International–Palestine, 3 bambini su 4 subiscono violenza durante l’arresto e gli interrogatori. I minori palestinesi, per lo più arrestati durante raid notturni nelle loro case, sono bendati e ammanettati con dolorose strisce di plastica ai polsi. Sono privati della presenza di un avvocato e dei genitori durante gli interrogatori e sono forzati a firmare confessioni, scritte in ebraico, lingua che non conoscono. Spesso sono sottoposti alla «detenzione amministrativa», cioè all’imprigionamento senza accusa e senza processo. Sono inoltre incarcerati in prigioni situate In Israele, al di fuori dei Territori Palestinesi Occupati, contravvenendo all’Art. 49 della 4° Convenzione di Ginevra, e ciò rende quasi impossibile ricevere visite dai loro genitori.
Durante gli interrogatori sono tenuti in celle d’isolamento, pratica che la legge internazionale equipara alla tortura. Il report Unicef «Bambini sottoposti alla detenzione militare israeliana» conclude: «l’abuso dei bambini che vengono in contatto con il sistema detentivo militare israeliano è esteso, sistematico e istituzionalizzato in ogni fase della procedura, dal momento dell’arresto, durante il processo, la detenzione iniziale e la detenzione successiva alla pena».
Le chiediamo, Signor Presidente, di voler contattare con urgenza le autorità israeliane perché mettano fine alle pratiche detentive che violano i diritti dei bambini, i diritti umani e la legge internazionale.
*** Luisa Morgantini, Vincenzo Vita, Domenico Gallo, Livio Pepino, Moni Ovadia, Luciana Castellina, Leopoldo Grosso, Piero Basso, Carlo Ginzburg, Asia Argento, Barbara Scaramucci, Lea Melandri, Paolo Maddalena, Marco Revelli, Gianni Ferrara, Francesca Chiavacci, Giorgio Forti, Guido Ortona, Luigi Manconi, Giorgio Parisi, Franco Ippolito, Gianni Ferrara, Anna Bozzo, Alfonso Gianni, Gabriella Ambrosio, Filippo Fossati, Daniela Giordano, Daniele Vicari, Robert Jennings, Patrizia Fezia, Paolo Gianardi, Gianni Tognoni, Enrico Pugliese, Francesco Ciafaloni, Marco Scavino, Roberto Beneduce, Simona Taliani, Rosita Di Peri, Alessandra Algostino, Francesco Pallante, Mauro Beschi, Alfiero Grandi, Giuseppe Rescigno, Bia Sarasini, Vittorio Cataudella, Fausto Tortora, Nello Rossi, Erasmo Palazzotto, Arturo Tagliacozzo, Alberto Gajano, Isabella Mele, Rosetta Papa, Ugo Mattei, Sandro Portelli, Giovanni Veronesi, Sandro Veronesi, Anna Rita Verardo, Anna Costanza Baldry, Dario Argento, Matilde D’Errico, Sergio Castellitto, Maria Amelia Monti, Edoardo Erba, Barbara Alberti, Paolo Virzi, Geppy Cucciari, Corrado Fortuna, Daria Nicolodi, Margaret Mazzantini, Adriana Buffardi.
Inoltre, a livello internazionale è in corso una mobilitazione per la liberazione di AhedTamimi, che ad oggi ha raggiunto un milione e settecentomila firme, se volete esprimerle solidarietà potete sottoscriverla al seguente link: https://secure.avaaz.org/campaign/en/free_ahed/