Fabio Massimo Parenti[1]
La pubblicazione del libro Il socialismo prospero, saggi sulla via cinese (Milano, 2017) è in piena sintonia coi lavori congressuali del PCC, appena conclusi a Beijing. Di seguito una breve ricognizione.
- Struttura, obiettivo e significato
Il volume è una raccolta di saggi, miei e di alcuni colleghi, pubblicati su varie testante online negli ultimi due anni. Si tratta di contributi mediamente brevi e di facile accesso, che tuttavia offrono di volta in volta analisi ampiamente documentate.
Il lavoro è stato diviso in 5 parti (modello di sviluppo, geopolitica, questione tibetana, vertici internazionali e finanza), che sono state arricchite dalla prefazione del professor Domenico Losurdo – significativamente titolata Per farla finita una volta per sempre con la sinofobia – e dalla presentazione dell’ambasciatore Li Ruiyu. Il primo saggio costituisce una breve storia della sinofobia sin dalle guerre dell’oppio, mentre la presentazione dell’ambasciatore si focalizza su alcuni punti chiave dei rapporti sino-italiani. Inoltre, sono state inserite delle appendici: la traduzione del discorso del segretario Xi Jinping a Davos (WEF, dicembre 2017), una lunga intervista al professor Losurdo sul modello di sviluppo cinese e due recensioni, una al libro di Giovanni Arrighi (Adam Smith in Beijing, 2007) e un’altra a quello di Diego Angelo Bertozzi (Cina, da sabbia informe a potenza globale 2016).
Per sintetizzare l’obiettivo del volume, prendo in prestito due brevi passaggi del testo di apertura di Losurdo, che ben coglie il fine ultimo del libro:
Dopo aver liberato dalla miseria centinaia e centinaia di milioni persone – un processo per la sua ampiezza e la sua rapidità senza precedenti nella storia – il grande paese asiatico sta ora bruciando le tappe dello sviluppo tecnologico. E ancora una volta, i risultati conseguiti o che si profilano all’orizzonte sono di portata storica: il monopolio dell’alta tecnologia per secoli detenuto dall’Occidente capitalistico, che spesso se ne è servito per assoggettare o tiranneggiare il resto del mondo, sta dileguando; si stanno realizzando le condizioni oggettive per la democratizzazione delle relazioni internazionali, alla quale peraltro continuano ostinatamente ad opporsi l’imperialismo e l’egemonismo [...]. Senza rompere definitivamente con il colonialismo e il neocolonialismo e senza farla finita con la sinofobia, senza instaurare un rapporto nuovo e positivo con la Repubblica popolare cinese, non solo non è possibile promuovere la causa della pace e della democratizzazione dei rapporti internazionali, ma non è neppure possibile per l’Europa e l’Occidente liberarsi realmente dell’eredità nefasta delle pagine più nere della loro storia e ritrovare la loro anima migliore. È un motivo in più per salutare Il socialismo prospero. Saggi sulla Via Cinese.
A questo punto è necessario soffermarsi brevemente sul significato del titolo, il socialismo prospero, saggi sulla via cinese. L’espressione appartiene all’esperienza socialista della Cina. Essa risale al pensiero di Deng Xiaoping, che richiamava l’attenzione sulla necessità di spezzare il rapporto socialismo-povertà, ricordando che il socialismo non è la condivisione della povertà, ma la capacità di produrre ricchezza per fini sociali e collettivi. Pertanto, nell’esperienza del marxismo orientale la contrapposizione capitalismo-socialismo comunista è molto meno idiosincratica rispetto all’esperienza occidentale. Per ragioni storico-filosofiche e culturali (vedi il libro di Losurdo sul Marxismo occidentale, 2017).
In Cina le forze capitalistiche sono state integrate, e vengono sempre più sostenute, in modo totalmente funzionale agli obiettivi e alle strategie di volta in volta elaborate dalla leadership del partito, nel corso del lungo processo di apprendimento sulla strada del socialismo. Ecco dunque che le forze capitalistiche sono consultate e sono partecipi anche delle dinamiche politiche, ma non possono guidare il paese, non entrano nei vertici dei corpi decisionali e politici della RPC, e neanche nel funzionamento della macchina statale… Potremmo citare il Guokao, l’esame per i funzionari statali, che rappresenta uno steccato netto, e significativamente meritocratico, tra il pubblico e il privato, per eliminare la possibilità della pratica della porta girevole, che tanto affligge i nostri sistemi ed inficia la sostanza delle nostre democrazie.
Il socialismo prospero ha una duplice valenza se lo si considera al livello internazionale o nazionale.
- Il socialismo prospero cinese nel contesto internazionale…
La Cina è ridiventata una potenza globale seguendo un percorso di sviluppo ben distinto da quello di altre nazioni. L’attuale influenza cinese a livello mondiale è stata conseguita senza alcuna forma di espansionismo militare, senza imporre agli altri il proprio modello di sviluppo.
La strategia cinese allo sviluppo è tutt’altro che rigida o preconfezionata. Si è dimostrata infatti capace di continui adattamenti e, benché sia carica di insegnamenti, non è esportabile. Essa è finalizzata a soddisfare i bisogni crescenti del proprio popolo, ma è anche volta, con altrettanta determinazione, alla promozione di relazioni internazionali pacifiche, fondate sulla cooperazione e il mutuo rispetto. Questo è il socialismo prospero cinese, il suo significato internazionale. Anche a Davos, ad esempio, il presidente Xi Jinping si esprimeva con queste parole: “Quello cinese è un percorso basato sulla realtà della Cina. La Cina è negli ultimi anni riuscita a intraprendere un percorso di sviluppo capace di adattamento, attingendo sia alla saggezza della sua civiltà, sia alle pratiche di altri paesi in Oriente e in Occidente. Nell’esplorare questo percorso, la Cina si rifiuta di rimanere insensibile ai tempi che cambiano o di seguire ciecamente le orme degli altri. Tutte le strade portano a Roma. Nessun paese dovrebbe vedere il proprio percorso di sviluppo come l'unico praticabile, tanto meno dovrebbe imporlo agli altri”.
Se cogliamo la pregnanza di questa premessa, a noi, in Europa e in Italia, spetta un compito fondamentale per sostenere la democratizzazione dei rapporti internazionali e per lavorare concretamente in favore della pace nel mondo. Certo, viene da chiedersi quanti governanti in Occidente siano realmente dediti alla causa della pace, capaci cioè di fuggire il vizio dell’autoreferenzialità (oppure, detta diversamente, capaci di andare oltre una visione eurocentrica della storia). Ecco, credo che riconoscere la diversità dei percorsi di sviluppo sia la premessa per fondare le relazioni tra persone e popoli su un autentico rispetto; ed il rispetto è la conditio sine qua non per immaginare ed operare la pace.
- Il socialismo prospero nel contesto nazionale
La continuità del processo rivoluzionario cinese sta nell’individuazione di una serie di peculiarità, di caratteristiche costanti, fedeli all’ispirazione d’origine, ma dinamiche e capaci di adattamento. Innanzitutto, siamo di fronte alla più grande rivoluzione contadina del mondo e il PCC ha tutt’oggi nei contadini la maggiore componente del partito, 26 milioni su un totale di 90 milioni di membri. Altro elemento che attraversa la storia della Cina contemporanea, non solo della leadership politica ma del sentire comune, è lo spirito di rivalsa e la necessità di conservare l’indipendenza dopo un secolo di umiliazioni, spartizioni straniere e rivolte interne – fra tutti ricordiamo Taiping e Boxer, o le incursioni nelle regioni periferiche. Questi sono aspetti ancora vivi, attualissimi, se guardiamo alle influenze esterne su Hong Kong, Tibet, Taiwan, Mar Cinese Meridionale ecc. Per quanto riguarda altre peculiarità, gioverà evidenziare i seguenti principi e orientamenti strategici:
- - Il ruolo guida del partito, al servizio del popolo e per lo sviluppo della nazione intera (si vedano i dati incontrovertibili sulla legittimità del Partito);
- - La pianificazione e programmazione delle strategie di politica economica che sono articolate con varie cadenze temporali: annuali, quinquennali e di più lungo respiro, come la nuova via della seta e le strategie del Go west e Rise of Central China o il decennale piano 2015-2025 per evitare minacce de-industrializzazione.
- - La sperimentazione delle innovazioni politico-economiche in certe aree e poi l’eventuale estensione a tutto il territorio, solo dopo aver appreso dall’esperienza ed aver affinato le strategie (si pensi, solo per fare alcuni esempi recenti, alla convertibilità dello yuan, all’apertura ai capitali stranieri e alle politiche demografiche). Ciò era vero anche durante le prime riforme agrarie maoiste.
- - La centralità del pubblico nei settori strategici. La ristrutturazione avviata dalla fine degli anni Settanta ha ridimensionato il settore pubblico, ma non ha compromesso il ruolo guida del pubblico e delle imprese statali – le prime quattro banche al mondo sono cinesi, secondo S&P, e nell’ultima classifica di Fortune500 la Cina ha ben 98 aziende (la maggior parte statali), ne aveva solo 10 nel 2000, contro le 128 degli Stati Uniti che ne avevano 179 nel 2000.
- - Il superamento del dogmatismo e l'orientamento verso la coesistenza pacifica. I principi emanati a Bandung da Zhou Enlai sono gli stessi delle generazioni successive fino a Xi Jinping.
In ultima istanza, il socialismo con caratteristiche cinesi, sempre più prospero, si fonda sulla meritocrazia politica, è radicato nella storia ed è guidato sin dal 1949 dalla più grande organizzazione partitica di tutti i tempi. Sulla meritocrazia politica come cifra del sistema cinese rimandiamo all’utilissimo studio di Daniel A. Bell, China model, political meritocracy and the limits of democracy, 2015.
[1] Ph.D, professore associato di Geografia (ASN) e docente internazionale all’Italian International Institute Lorenzo de’ Medici. Insegna Global Financial Markets, China’s Development and Global Shift, Globalization and Social Change e War and Media. Ha insegnato anche a Città del Messico, Monterrey e Beijing, ove continua a tenere collaborazioni accademiche. Tra i suoi libri, Il socialismo prospero: saggi sulla via cinese, Milano 2017; Geofinanza e geopolitica, Milano 2016; Mutamento del sistema-mondo: per una geografia dell’ascesa cinese, Roma 2009; Gli spazi della globalizzazione, Reggio Emilia 2004.