Gianmarco Pisa
È sempre opportuno trarre dal passato indicazioni per il presente e orientamenti per l’avvenire, e ricavare, dai grandi momenti della storia dell’umanità, conoscenza e insegnamenti. L’insegnamento che deriva dai grandi processi storici e sociali, al tempo stesso, ne segnala il rilievo, la portata più che ordinaria in termini di connotazioni e di implicazioni; e ne tradisce l’attualità, il fatto che caratteri e movenze fondamentali di quegli eventi storici siano in grado di parlare all’oggi, di consentirci di leggere il tempo presente, di consegnarci una traccia per la trasformazione.
Non c’è dubbio che oggi, tra i Paesi più intensamente impegnati in un processo di trasformazione sociale e, persino, di orientamento socialista (un socialismo “rigenerato”, peraltro, protagonistico e pluralistico, che si sperimenta attraverso le sfide poste dalla diversificazione economica e dal controllo sociale della produzione), ma anche più drammaticamente minacciati dall’imperialismo (tanto del soft power, di Barack Obama, che lo aveva dichiarato una “minaccia” per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, quanto dell’hard power, di Donald Trump, che lo ha frontalmente esposto alla minaccia di un’aggressione diretta, perfino militare) vi sia il Venezuela Bolivariano.
Ebbene, nello scenario politico odierno, i comunisti venezuelani, tra gli altri, leggono nitidamente il percorso bolivariano proprio sulla falsariga dell’Ottobre, concependolo, allo stadio attuale di sviluppo, come un processo di trasformazione in due fasi: una prima fase caratterizzata da una lotta, compiuta per l’essenziale, di liberazione nazionale, di emancipazione sociale e di apertura di inediti, iniziali, spazi democratici (analogamente alla Rivoluzione di Febbraio del 1917); una seconda fase orientata ad una rivoluzione, ancora da compiersi appieno, per il superamento della democrazia formale e per il rovesciamento dei rapporti di forza e di potere tra le classi (come nell’Ottobre del 1917).
L’itinerario complesso della Rivoluzione d’Ottobre
Se dunque, nello specifico, traendo spunto dall’esempio bolivariano e dalle sperimentazioni in corso di «socialismo del XXI secolo», non riformistico e con una incisiva portata trasformatrice, l’Ottobre continua, a cento anni di distanza da quei «giorni che sconvolsero il mondo», a fungere da chiave di lettura e a conservare la sua potenza sociale e politica, ideologica e culturale, torna d’attualità, più in generale, l’interpretazione medesima della Rivoluzione d’Ottobre quale grande trasformazione rivoluzionaria, incardinata in un processo storico-dialettico, secondo la consolidata lettura leninista.
Prende avvio con una prima fase, embrionale, a sua volta figlia degli eventi storico-sociali precedenti, condensatasi nella sollevazione del 9 gennaio 1905 (la “domenica di sangue”), con la petizione degli insorti allo zar (le riforme strutturali e politiche: la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore, il salario minimo giornaliero, l’assemblea costituente, che torna, anche in questa circostanza, come parola d’ordine rivoluzionaria); cui fa seguito la spietata repressione da parte delle truppe imperiali, che culmina in un vero e proprio “bagno di sangue”, con centinaia di morti e migliaia di feriti.
Matura quindi in una seconda fase, sviluppatasi attorno agli eventi di febbraio, sino al 2 marzo 1917 (la Rivoluzione di Febbraio), inaugurata tragicamente dalla repressione zarista delle manifestazioni di commemorazione della “domenica di sangue”, accesa dagli scioperi di Pietrogrado del febbraio e dalla rivolta di Mosca della fine del mese, culminata con la trasformazione istituzionale e con il superamento della autocrazia; si consolida il dualismo tra la Duma e i Soviet, la proposta dello zar per un’assemblea costituente cade adesso nel vuoto, e lo zar stesso è costretto all’abdicazione.
Si sviluppa, infine, in una terza fase, che rappresenta il culmine di questa stagione e l’innesco di un nuovo processo, con la rivoluzione del settembre - ottobre, vittoriosa, simbolicamente, il 25 ottobre 1917, con la conquista del Palazzo d’Inverno (la Rivoluzione d’Ottobre), che porta la mobilitazione rivoluzionaria vera e propria, da Pietrogrado a Mosca, via via a tutti i vari centri della Russia e alla sostituzione di tutti i poteri costituiti con i nuovi poteri rivoluzionari, cioè emanazione dei Soviet, i terminali politici, dei deputati operai, contadini e soldati, di organizzazione e direzione di massa.
In questo senso, sin dal 1905, Lenin scriveva che «il Soviet dei deputati operai, in quanto centro di direzione politica della rivoluzione, è una organizzazione […] troppo ristretta. Il Soviet deve proclamarsi governo rivoluzionario provvisorio, o costituire tale governo, mobilitando nuovi deputati, eletti non solo dagli operai, ma anzitutto dai marinai e dai soldati, che si sono battuti ovunque per la libertà, poi dai contadini rivoluzionari, ed infine dagli intellettuali borghesi rivoluzionari.
«Il Soviet deve eleggere il nucleo del governo rivoluzionario provvisorio ed integrarlo, poi, con i rappresentanti di tutti i partiti rivoluzionari e di tutti i democratici rivoluzionari (ovviamente, solo i rivoluzionari, non anche liberali). Non solo non temiamo una composizione così ampia ed eterogenea, ma, anzi, la auspichiamo, perché senza l’alleanza tra il proletariato ed i contadini, senza l’intesa combattiva tra i socialdemocratici e i democratici rivoluzionari, il successo della grande rivoluzione russa è impossibile. Si tratterà di un’alleanza temporanea, legata a compiti pratici, immediati e definiti, mentre a guardia dei più importanti e radicali interessi del proletariato socialista […] vi sarà sempre il partito operaio socialdemocratico di Russia, autonomo e coerente con i suoi principi».
Si affaccia, in questa lettura, un ulteriore tema di attualità: quale grande processo storico-dialettico, come tutte le trasformazioni epocali, la Rivoluzione d’Ottobre non è stata un processo lineare né pre-definito; i rapporti di forza tra le classi e il decisivo orientamento ideologico della direzione rivoluzionaria (i bolscevichi e Lenin) sono stati i fattori che vi hanno impresso il carattere socialista.
L’Ottobre innanzi al mondo oggi
È bene ricordare, a tal proposito, che lo stesso Lenin, nelle «Tesi di Aprile» (1917), concepiva la transizione rivoluzionaria al socialismo come un processo storico, in quanto (tesi 2), «l’originalità dell’attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa dell’insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato, alla seconda fase della rivoluzione, che deve dare il potere al proletariato»; inoltre (tesi 8), «il nostro compito immediato non è la “instaurazione” del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet».
Dunque, l’attualità dell’Ottobre, in relazione ai compiti del presente, si staglia, sulla base di questi presupposti, con ancora più evidenza; e, con ancora maggior forza, si impone, di fronte alle sfide di un mondo dilaniato dalla polarizzazione sociale, dalla radicale diseguaglianza, dall’ingiustizia. L’Ottobre parla, essenzialmente, della costruzione di «un mondo nuovo»: l’adesione diretta delle masse popolari, a partire dal proletariato, al potere; il controllo sociale della produzione, la socializzazione della produzione industriale, la collettivizzazione della produzione agricola; i nuovi rapporti internazionali, e tra i popoli e le nazionalità, improntati alla uguaglianza e alla fraternità.
Tutto questo di fronte alla crisi del capitalismo del tempo presente, che ci ricorda, al contrario, che, oggi, cento anni dopo l’Ottobre, le otto (otto) persone più ricche possiedono la ricchezza dei 3.6 miliardi (miliardi) di persone più povere del mondo; si stima, a proposito di uguaglianza tra i generi, che saranno necessari, di questo passo, 170 anni (170) alle donne per raggiungere ovunque gli stessi livelli di retribuzione degli uomini; e la guerra segna il presente di trentadue Paesi del mondo. Vi sono, tra i vari, “insegnamenti” nei quali si condensa il tratto di attualità dell’Ottobre, oggi.
- La centralità della dinamica di massa, e del proletariato, nella composizione con cui storicamente si determina, nel farsi della storia in quanto «storia del conflitto tra le classi»; in questo senso, sono formidabili, per la portata e per il messaggio, i primi provvedimenti rivoluzionari dell’Ottobre, il decreto sulla pace (la «pace giusta e democratica senza annessioni e senza indennità», con cui, per la prima volta nella storia, vengono rigettate, ufficialmente, la legittimità del dominio coloniale e la pratica della diplomazia segreta); il decreto sulla terra (l’abolizione della proprietà fondiaria e la restituzione della terra ai contadini, anche in questo caso e in questa forma, per la prima volta nella storia); il decreto sulle nazionalità (l’uguaglianza dei popoli ed il diritto all’autodeterminazione).
- La costruzione del fronte anti-fascista, la cui urgenza torna oggi nel quadro di un’Europa sempre più attraversata dai nazionalismi identitari e dalle pulsioni xenofobe, nel contesto del quale l’Unione Sovietica sarebbe stata il centro, prima e dopo la seconda guerra mondiale, delle mobilitazioni anti-fasciste su scala nazionale, pagando inoltre il tributo più alto nella resistenza all’aggressione e nell’avanzata contro la barbarie nazi-fascista (non si dimentichi che l’Unione Sovietica distrusse oltre il 70% delle divisioni tedesche ed ebbe oltre 26 milioni di caduti durante la guerra, per non dire delle 1700 città e 70.000 villaggi, dei 6 milioni di edifici e 65 mila km di ferrovie distrutti).
- La costruzione del fronte anti-imperialista, il cui contributo fu decisivo nel processo di liberazione coloniale e nella questione dell’autodeterminazione dei popoli; Lenin stesso aveva scritto, nel 1915, di rivendicare l’autodeterminazione «non indipendentemente dalla lotta per il socialismo, ma perché questa resta una parola vuota se non è legata indissolubilmente all’impostazione rivoluzionaria di tutte le questioni democratiche, compresa quella nazionale. Noi esigiamo la libertà di autodeterminazione, cioè l’indipendenza, la libertà di separazione delle nazioni oppresse, non perché sogniamo il frazionamento economico o l’ideale dei piccoli Stati, ma viceversa perché desideriamo dei grandi Stati, l’avvicinamento e la fusione tra le nazioni, su una base veramente democratica e internazionalista».
Pubblicato in italiano lo scorso 30 settembre, anche il commento di Michael Löwy «sul significato della Rivoluzione d’Ottobre» ne mette opportunamente in luce il carattere di radicalità e innovazione, come di un evento che conserva la sua attualità e mantiene intatto il suo più autentico significato.
Tanto per cominciare, quanto al percorso di emancipazione, «i progetti emancipatori radicali del XXI secolo non hanno bisogno di “partire da zero”: possono basarsi sulle lezioni dell’Ottobre. Per esempio: per cambiare la società, hai bisogno di un movimento rivoluzionario di massa delle classi subalterne, in grado di rovesciare l’apparato statale dominante, di spezzare la griglia della gabbia di ferro capitalistica e di imporre l’appropriazione collettiva dei mezzi di produzione».
D’altra parte,
«sono anche comparsi nuovi problemi, che la generazione del ’17 non avrebbe potuto prevedere. Tra questi, la questione ecologica, la distruzione della natura da parte della civilizzazione industriale (capitalista) con conseguenze drammatiche, è forse la più importante. […] Credo che ci saranno rivoluzioni emancipatorie anticapitalistiche nel XXI secolo: questa non è una previsione, ma una scommessa. […] Parafrasando […] José Carlos Mariátegui: le future rivoluzioni non saranno una pura e semplice imitazione delle esperienze precedenti, ma la creazione eroica del popolo».
L’Ottobre e il marxismo, vitalità e innovazione
Nel suo fondamentale articolo di interpretazione e comprensione degli eventi rivoluzionari, pubblicato sull’“Avanti” il 24 novembre 1917, Antonio Gramsci non si sofferma esclusivamente su una lettura della Rivoluzione d’Ottobre come di una «Rivoluzione contro il Capitale», ripudiando il primato delle ideologie sui fatti e smentendo la ferocia dei canoni del materialismo storico:
«La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologie più che di fatti […]. Essa è la rivoluzione contro il “Capitale” di Carlo Marx. Il “Capitale” di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un’era capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico. I bolscevichi rinnegano Marx, affermano, con la testimonianza dell’azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono così feroci come si potrebbe pensare e come si è pensato».
Gramsci proponeva piuttosto una connessione, anch’essa attuale e vivificante, per la quale sono, essenzialmente, la concretezza delle condizioni storiche e la creatività della volontà solidale, a plasmare e adattare il marxismo, come teoria della prassi e teoria della rivoluzione, alla dinamica della trasformazione orientata all’emancipazione, la liberazione dal bisogno e dalla paura. Così facendo rende evidente, per converso, la vitalità del marxismo come teoria della prassi e della rivoluzione.
I bolscevichi
«non hanno compilato […] una dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche […]. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, e […] questo pensiero pone sempre, come massimo fattore di storia, non i fatti economici, bruti, ma l’uomo, la società degli uomini, degli uomini che si accostano fra di loro, si intendono fra loro, sviluppano attraverso questi contatti (civiltà) una volontà sociale, collettiva, e comprendono i fatti economici e li giudicano e li adeguano alla loro volontà, finché questa diventa la motrice dell’economia, la plasmatrice della realtà oggettiva, che vive, e si muove, e […] che può essere incanalata dove alla volontà piace».
La stessa vitalità, del resto, si rinviene nelle parole di Palmiro Togliatti, quando, riflettendo su «Lo studio delle questioni russe» (1927), rileva che «la piattaforma su cui essi combatterono fu la piattaforma tradizionale del bolscevismo, che si era concretizzata, a contatto con una nuova situazione rivoluzionaria oggettiva, in una nuova prospettiva immediata e in una nuova parola d’ordine». Si indicava, con ciò, la plasticità di una “piattaforma” generale capace di concretizzarsi nell’attualità.
Proseguendo, con un rimando di spiccata lucidità e di pregnante vitalità: «La maturità del sistema capitalistico non significa che il passaggio alla costruzione del socialismo possa e debba avvenire contemporaneamente in tutti i Paesi. Essa non significa nemmeno che in tutti i Paesi i rapporti di produzione e i rapporti di forza tra le diverse classi siano giunti allo stesso punto di sviluppo. Al contrario, lo sviluppo imperialistico del capitalismo ha dato più grande evidenza che nel passato alla legge della ineguaglianza dell’evoluzione economica dei diversi Paesi.
«Il periodo attuale è periodo di squilibri improvvisi e profondi tra un Paese e l’altro, di impossibilità di ridurre ad unità tutto il mondo della produzione. Ciò fa’ sì che anche la rivoluzione proletaria sia qualcosa di grandemente complesso. Non si tratta del subitaneo apparire nel mondo di un nuovo ordine di cose, ma di un lungo e complicato processo storico, il quale comprende in sé fatti e periodi svariati, vittorie rivoluzionarie, sconfitte e ritirate, guerre imperialistiche e periodi di pace relativa, crisi acutissime e momenti di temporanea e parziale stabilizzazione».
Ed anche in questo, di fronte al mondo del tempo presente, innanzi alle tensioni e alle contraddizioni, alle minacce dell’imperialismo, alla dinamica del conflitto tra le classi e della divisione del lavoro su scala internazionale, alle prospettive della pace mondiale, sta l’attualità, più viva che mai, dell’Ottobre. Un’attualità che non può che stare a cuore, a chi lotta per la dignità, per la giustizia, per la pace.
Collegamenti:
Sul socialismo del XXI secolo, cfr.: il discorso di Hugo Chávez (2005) al FSM di Porto Alegre:
issuu.com/picoyespuelavoceslibertarias-97.3fm/docs.
Sulla natura dei soviet (consigli), cfr: l’articolo di V. I. Lenin (1905) per la redazione di Novaja Gizn:
www.marxists.org/italiano/lenin/lenin-opere/lenin_opere_10.pdf.
Sul carattere della rivoluzione come processo storico-sociale, cfr.: V. I. Lenin (1917), “Tesi di Aprile”:
www.marxists.org/italiano/lenin/1917/4/18-tesia.htm.
Sull’autodeterminazione dei popoli, cfr.: V. I. Lenin (1915), “Il diritto di autodecisione delle nazioni”:
www.bibliotecamarxista.org/lenin/volume 21/prol aut naz.htm.
Sulla celebre interpretazione gramsciana, cfr.: A. Gramsci (1917), “La Rivoluzione contro il Capitale”:
www.marxists.org/italiano/gramsci/17/rivoluzionecontrocapitale.htm.
Sulla celebre lettura togliattiana, cfr.: P. Togliatti (1927), “Direttiva per lo studio delle questioni russe”:
pubblicato originariamente ne “Lo Stato Operaio”, a. I, n. 2. aprile 1927, pp. 125-138.
Per l’articolo di Michael Löwy “Sul significato della Rivoluzione d’Ottobre”:
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=31099
Sulla natura originale del socialismo, cfr.: J. C. Mariátegui (postumo, 1955), “Difesa del Marxismo”:
www.archivochile.com/Ideas_Autores/mariategui_jc/s/Tomo5.pdf.