- Vito Bongiorno*
Nuestros pueblos originarios han conservado sus raices socialistas
Hugo Chávez
Concetti basilari
Dalla fine del secolo XIX e lungo tutto il corso del XX la cultura marxista ha raccolto la sfida della descrizione della diversità culturale. Prendendo spunto da alcune delle idee fondamentali degli scritti di Marx e di Engels, alcuni studiosi hanno analizzato istituzioni e strutture sociali appartenenti alle differenti società umane; in alcuni casi, tali analisi hanno reso possibile la formulazione di generalizzazioni e l’elaborazione di teorie antropologico-culturali di carattere generale.
Le categorie cui si rifanno gli antropologi di ispirazione marxista sono riconducibili a alcuni punti essenziali, che indico di seguito:
1 - Le società che costituiscono l’oggetto principale dell’antropologia culturale (quelle normalmente definite “arcaiche”, “non occidentali”, “pre-industriali” o “primitive”) devono essere osservate tenendo conto del rapporto di sottomissione che esse spesso intrattengono verso la società capitalista (un rapporto definito normalmente “situazione coloniale”).
2 - Oltre allo scambio e alla circolazione dei beni nelle società menzionate (fenomeno studiato in maniera particolarmente profonda da una branca dell’antropologia culturale, l’antropologia economica), è necessario studiare le forme di produzione.
3 - Le società in questione non sono entità statiche; esse mutano sotto la spinta di elementi legati al modo di produzione, alle sue contraddizioni e al rapporto di sottomissione determinato dalla “situazione coloniale”.
Illustrerò nei paragrafi successivi alcune figure di spicco che hanno fondato e contribuito a consolidare la tradizione marxista di studi antropologici, ponendo l’accento sui contesti storici e culturali seguenti:
1. le origini dell’antropologia marxista;
2. l’antropologia sovietica;
3. la ricezione di Marx in Italia;
4. l’antropologia francese.
È necessario effettuare una premessa concisa prima di dare luogo alla breve descrizione delle fasi e idee salienti dell’antropologia marxista: la tradizione antropologica occidentale ha nutrito, soprattutto nella prima metà del secolo scorso, una sostanziale diffidenza verso gli spunti etnologici offerti delle opere di Marx e Engels; una diffidenza condizionata dai principali fatti storico-politici accaduti nell’epoca in questione (Cirese, 1972, p. 45), verosimilmente da quelli associati alla rivoluzione bolscevica. Questo “esorcismo teorico” ha fatto sì che nella tradizione antropologico-culturale dei paesi capitalisti si iniziasse a attribuire validità scientifica ai due autori in questione solo a partire nella seconda metà del secolo XX. La destalinizzazione e i processi di decolonizzazione vengono riconosciuti dagli storici dell’antropologia culturale come i processi principali che hanno condotto alla rivalutazione degli aspetti etnologici del marxismo.
I. Le origini
Il testo di Friedrich Engels Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato (1884) può essere considerato il primo tentativo di applicazione delle idee marxiste alle società non europee.
I punti salienti del testo possono essere riassunti nella costruzione di uno schema temporale, in cui si succedono tre tipi di istituzione familiare. I tipi sono i seguenti:
1. promiscuità;
2. rapporto monogamico borghese;
3. rapporto monogamico proletario.
A ogni fase corrisponde anche un grado di felicità delle donne: “felicità a-morale”, nel caso della promiscuità originaria; “infelicità morale”, nel caso del rapporto monogamico borghese, in cui il matrimonio non è che una forma mascherata di prostituzione; la “felicità morale”, nel caso del rapporto monogamico proletario, frutto di una scelta libera da parte della donna (Fabietti, 1992, pp. 206-207). I tre tipi di rapporto corrispondono, inoltre, a diversi gradi di parità tra i sessi e sono legati a formazioni sociali diverse (comunismo primitivo, proprietà privata e comunismo guidato dal proletariato).
La disposizione temporale dei tipi di istituzione familiare, il cui merito principale consiste nell’avere associato i rapporti coniugali a fattori economici (lo scritto aveva soprattutto il fine di mostrare che lo sfruttamento della donna è suscettibile di essere superato, così come lo sfruttamento della classe proletaria), ricordava lo schema elaborato dall’antropologo nord-americano Lewis Henry Morgan nel libro Ancient society (La società antica) pubblicato nel 1877, relativo all’articolazione del progresso tecnologico; questo era visto come accumularsi di invenzioni che determinavano, a loro volta, le diverse tecniche di sussistenza (pesca, caccia, ecc...). Morgan identifica le fasi della successione temporale relativa al progresso (i “periodi etnici”) grazie a una articolazione tripartita: un periodo “selvaggio”, caratterizzato dalle invenzioni della pesca e del fuoco; un periodo “barbaro”, caratterizzato dal diversificarsi delle invenzioni e delle tecniche; un periodo civilizzato, caratterizzato dall’invenzione dell’alfabeto fonetico e conducente, lentamente, alla rivoluzione industriale. Ogni periodo corrisponde a una condizione distinta della società, identificata secondo un modo di vita particolare. A ogni periodo corrispondono tre sottoperiodi: inferiore, intermedio e superiore (Fabietti, 1992, pp. 42-43; la scheda 1 fornisce, sinteticamente, ulteriori dettagli sulla produzione di Morgan e su Ancient society).
II. L’antropologia sovietica
L’influenza delle idee marxiste in antropologia culturale è maggiormente visibile nella produzione scientifica dell’URSS (Cirese, 1972, p. 45). Come Tolstoy (1952) ha messo in evidenza, la letteratura etnologica sovietica può essere suddivisa in due grandi gruppi, corrispondente ciascuno a due diversi periodi:
a) un periodo precedente alla II guerra mondiale, caratterizzato dalla prosecuzione della linea di ricerca inaugurata da Lewis Henry Morgan, dedicata alle istituzioni del matrimonio e della famiglia, in particolare al carattere comunista della comunità primitiva;
b) un periodo posteriore alla II guerra mondiale, in cui la figura di Morgan sembra riletta o ridimensionata, sia per quanto riguarda l’importanza del dibattito sui temi dello schema evoluzionista della storia e della famiglia, sia per quanto riguarda i temi rilevanti per gli studi etnologici. Una maggiore importanza viene data, nel periodo postbellico, a alcuni temi di carattere generale, come il concetto di cultura, la “genesi” di una cultura particolare (“etnogenesi”), la diffusione culturale, il razzismo; lo sguardo degli studiosi si ampliò inoltre verso altre aree del mondo – fino a quel momento la ricerca si era concentrata sull’area geografica corrispondente alle repubbliche socialiste sovietiche e alla diversità culturale ivi presente.
È necessario ricordare che gli antropologi sovietici sottolinearono sempre, almeno fino alla metà del XX secolo, la validità della concezione materialista di Morgan per ciò che riguarda l’evoluzione e la diffusione culturale e per ciò che riguarda la critica verso gli assunti borghesi o reazionari dell’antropologia culturale occidentale.
La divergenza dei temi di interesse e degli assunti ideologici di partenza non impedì che, verso la fine degli anni ’40 del secolo scorso, si verificasse un parziale avvicinamento di stile e terminologia tra le due tradizioni, quella sovietica e quella occidentale. Pàvel Ivànovich Kushner è normalmente menzionato come l’esponente maggiormente noto dell’antropologia sovietica.
III. La ricezione di Marx negli studi antropologici italiani
Tra le applicazioni più produttive delle teorie socio-economiche di Marx ai fenomeni antropologico-culturali spicca quella sviluppata da Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, in una sezione intitolata “Osservazioni sul folclore” (1950). Gramsci considera i fatti folclorici come fenomeni associati alle condizioni sociali; in particolare, il folclore viene visto come una “concezione del mondo e della vita del popolo inteso come complesso che caratterizza le classi subalterne e strumentali”, contrapposte alle “classi ufficiali, egemoniche, dominanti” (Cirese, 1972, p. 55). Caratteristica della concezione del folclore di Gramsci è la presenza di tre elementi principali:
1. le concezioni del mondo delle classi subalterne vengono percepite in relazione a quelle delle classi egemoniche: le concezioni “subalterne”, infatti, sono classificate per lo più come appartenenti a insiemi caratterizzati da termini negativi del tipo “semplice”, “frammentario”, “degradato”, “disorganico”. Viceversa le concezioni “egemoniche” appartengono a insiemi per lo più positivi: “cólto”, “unitario”, “originale”, “organico”;
2. le concezioni del mondo delle classi subalterne contengono, oltre agli elementi conservativi, anche elementi “progressivi” – a esempio, le concezioni relative ai propri diritti nei confronti delle classi dirigenti e la capacità di aderire alle condizioni reali di vita;
3. attribuzione di un valore fluido e non statico alla concezioni del mondo delle classi non egemoniche; queste, grazie a processi sociali particolari (a esempio lotta di classe e presa del potere dei partiti operai), possono trasformare e rendere ufficiali e egemoniche le concezioni “progressive” una volta appartenenti a una condizione di subalternità (Cirese, 1976, pp. 78-87).
In Italia l’eredità intellettuale delle idee antropologiche di Gramsci (ideatore di una teoria originale pur non essendo un antropologo di professione) non si limita solo allo studio scientifico dei modi di pensare e delle tradizioni delle classi subalterne (in buona sostanza, delle classi contadine del Mezzogiorno). Accanto all’interesse esplicito verso “Gramsci antropologo” nel dibattito letterario degli anni ’50 del XX secolo (Cirese, 1976, pp. 42-44), le raccolte sistematiche di canti e fiabe popolari italiane degli stessi anni sono da ricondurre alla forte influenza delle idee gramsciane su Calvino e Pasolini, così come, con ogni verosimiglianza, la produzione dei film neo-realisti (Cirese, 1972, p. 219). La ricerca etno-antropologica italiana subì, a ogni modo, un influsso enorme da parte degli spunti di Gramsci sul folclore.
Ernesto de Martino, Luigi Lombardi Satriani e Vittorio Lanternari sono gli autori che hanno cercato di “verificare” sul campo e di sviluppare, dalla fine degli anni ’50 in avanti, le idee contenute nelle “Osservazioni sul folclore”, concentrandosi sui temi seguenti: i riti e le concezioni magico-religiose, interpretate alla luce dei rapporti tra culture dominanti (cattolicesimo ufficiale e intellettuali meridionali) e culture subalterne (contadini della Basilicata), nel caso di de Martino; l’uso politico del folclore (come cultura di contestazione, come parte dei consumi di massa), nel caso di Lombardi Satriani (Cirese, 1972, p. 220; Cirese, 1976, p. 144); movimenti religiosi e oppressione coloniale, nel caso di Lanternari (Cirese, 1976, p. 77-78).
IV. L’antropologia francese
Gli etnologi francesi della seconda metà del secolo XX interpretarono una enorme mole di dati riguardanti le società africane in chiave marxista, proseguendo una tradizione teorica indirizzata verso lo studio del rapporto tra cultura e società; la “scuola marxista francese” è rappresentata dai seguenti autori e linee di ricerca:
Emmanuel Terray ha illustrato, in Le marxisme devant les sociétés primitives (Il marxismo e le società primitive, 1969), la struttura sociale dei Goiro (Costa d’Avorio) alla luce dell’intersezione di due “modi di produzione”: il primo fondato sulla cooperazione paritaria di tutti i membri del gruppo, l’altro fondato su una distribuzione delle risorse (alimentari e riproduttive) in base al criterio dell’anzianità. Secondo questo criterio i giovani sono dipendenti dagli anziani, gestori delle risorse materiali e degli scambi matrimoniali – Terray chiama la distribuzione associata al criterio dell’anzianità “distribuzione legata al lignaggio”.
Pierre Rey ha sostenuto, in Colonialisme, neocolonialisme et transition au capitalisme (Colonialismo, neocolonialismo e transizione al capitalismo, 1971) la necessità di vedere i rapporti sociali caratterizzanti le società africane tradizionali in termini di classi contrapposte e di contraddizioni, come “scontro di interessi tra classi”; in particolare, come scontro tra i giovani e le donne da un lato e gli anziani e i maschi dall’altro. Queste contrapposizioni sono il prodotto, secondo Rey, dell’acuirsi dello sfruttamento coloniale delle piantagioni e dell’economia schiavista.
Claude Meillassoux (1975) ha approfondito il concetto espresso da Engels di “riproduzione degli uomini stessi” come categoria rilevante per lo studio dei fenomeni sociali e culturali. Il controllo sociale, in molte società agricole africane, viene esercitato sulle donne in quanto “produttrici di produttori”, produttrici, cioè, di uomini la cui energia lavorativa si investirà nella terra, rendendola produttiva. Tale controllo caratterizza il modo di produzione tipico della cosiddetta comunità domestica (il “modo di produzione domestico”). Secondo Meillassoux tale modo è egualitario in sé, ma, in contesto capitalista, viene “usato” da gruppi particolari (per esempio, caratterizzati da una età particolare) sì da fare emergere figure di sfruttatori e di sfruttati e, a lungo andare, da destabilizzare, trasformare o distruggere la comunità domestica: quando lo sfruttamento viene esercitato su individui anziché sull’intera comunità, la comunità domestica giunge alla disgregazione.
Maurice Godelier centrò la sua attenzione sul tema della parentela nelle società “primitive”, arcaiche o tradizionali, osservando inizialmente usi e costumi dei Baruya, una cultura indigena della Papua Nuova Guinea. La parentela, secondo Godelier, è una “sovrastruttura” (secondo il significato marxista) e, al tempo stesso, una “struttura”: in parole povere, i rapporti di parentela sono visti, da Godelier, come regolatori dei rapporti di produzione (struttura) e, al tempo stesso, dei rapporti politici e della sfera religiosa (sovrastruttura).
In questa breve rassegna è utile ricordare che la rivalutazione delle idee marxiste da parte degli autori francesi fu il frutto delle riflessioni del filosofo Louis Althusser e della sua rilettura del Capitale di Marx (Lire le Capital, Leggere il Capitale, 1965). La peculiarità di Althusser consisté nella capacità di adattare i punti caratterizzanti la scuola antropologica nota come “strutturalismo” alla lettura marxista dei fenomeni relativi alla produzione dei beni.
V. Sviluppi contemporanei
Malgrado lo sgretolamento del blocco sovietico, l’antropologia a orientamento marxista gode ancora oggi di buona salute. In linea di massima è degna di essere menzionata, come eredità attuale, l’accettazione sempre più vasta di categorie marxiste all’interno delle cornici teoriche più diverse. I processi legati alla globalizzazione capitalista, inoltre, hanno reso possibili nuovi campi di analisi. Si pensi, a esempio, ai processi di migrazione verso i paesi “a capitalismo avanzato” e ai temi dello
sfruttamento e dell’integrazione dei migranti; o, ancora, alla possibile estinzione di comunità indigene il cui habitat naturale viene distrutto perchè ricco di risorse naturali che generano investimenti e profitti privati astronomici (pietre preziose, minerali, petrolio). Si pensi, infine, alla diffusione culturale, in particolare alla generazione di bisogni secondari; un fenomeno testimoniato dal viaggio di alcuni beni di consumo moderni (telefonia mobile, computer) verso gli insediamenti umani che erano ignoti fino a qualche decennio fa o isolati.
In maniera forse paradossale rispetto alle speranze degli intellettuali che, un venticinquennio fa, si rallegravano per la “caduta delle ideologie” seguite alla fine del socialismo reale, sono nate prospettive descrittive, interpretative e applicate che evidenziano l’attualità delle idee marxiste fondamentali; i dibattiti tra gli antropologi che, in un modo o nell’altro, fanno uso di termini o nozioni originariamente sviluppate da Marx e Engels, sono percepibili, negli ultimi 30 anni, nelle riviste e pubblicazioni dedicate alle diverse sotto-discipline antropologico-culturali, nella maggior parte dei casi di ambito antropologico-economico e antropologico-politico. Dedicherò a un prossimo articolo l’analisi dei nuovi filoni di ricerca e delle proposte più recenti. Nella bibliografia vengono indicati due importanti testi sull’argomento: Nash, 2002 e Vincent, 2002.
Conclusione
È doveroso ricordare, a mo' di conclusione, che l’antropologia marxista sembra avere mantenuto validità scientifica nel corso dei decenni, se confrontata con altre correnti di pensiero; le premesse teoriche della maggior parte delle “scuole teoriche” sembrano delimitate, al contrario, entro particolari confini temporali. Alcuni possibili motivi possono consistere presumibilmente nella forte impronta non idealista dell’antropologia marxista e nel tentativo di interpretare un fenomeno difficilmente suscettibile di generalizzazioni (i fenomeni culturali caratterizzanti i “diversi”, gli “altri”) alla luce delle condizioni di vita reali delle società studiate.
Scheda 1: La società antica
Ancient society è basato in gran parte sugli studi delle società indigene dell’America settentrionale. Morgan postulava che lo sviluppo dell’umanità seguisse uno schema unilineare (una posizione teorica nota come “evoluzionismo antropologico”); a differenza di Engels l’antropologo americano immaginava due linee parallele: da un lato, quella relativa alle tecniche di sussistenza; dall’altro, quella associata alle norme relative ai sistemi di parentela, alla famiglia e alla proprietà (istituzioni definite da Morgan “istituzioni domestiche”). È forse importante sottolineare che, secondo Morgan, le due linee di sviluppo agiscono in modo indipendente l’una dall’altra; i principi che ne condizionano lo svolgimento, inoltre, sono profondamente differenti: un principio cumulativo, nel caso delle tecniche di sussistenza (ogni tecnica determina lo sviluppo della successiva); un principio ideologico, nel caso delle istituzioni domestiche (queste costituirebbero lo sviluppo di alcune “nozioni elementari”, comuni a tutti gli esseri umani – “Elementargedanken”, un termine coniato dallo studioso tedesco Bastian). In Ancient society Morgan sembra sia stato intenzionato a sistematizzare, ponendola in uno schema storico, l’enorme massa di dati etnografici descritta in un testo precedente relativo ai sistemi di parentela, Systems of consanguineity and of affinity of the human family (Sistemi di consanguineità e di affinità della famiglia umana, 1871); questo testo era il frutto di ricerche sul campo condotte dall’autore tra i nativi americani del Kansas e del Nebraska negli anni 1859-1862 e di una indagine bibliografica su altre aree del mondo (Asia e Oceania in primo luogo). Lo studio dei sistemi di parentela era già stato condotto in precedenza da Morgan, e pubblicato nel testo The league of the Iroquois (La lega degli Irochesi, 1862). L’opera era il prodotto di studi circa alcuni gruppi di nativi del nord-est degli Stati Uniti (gli Irochesi), studi determinati a loro volta da un’attività legale intrapresa dallo studioso, vòlta a difendere i diritti alla terra delle comunità indigene, calpestate dagli speculatori, compratori di enormi appezzamenti a basso prezzo (Fabietti, 1992, pp. 36-41). Nell’ambito della ricostruzione delle nozioni principali dell’antropologia marxista, è importante inoltre menzionare la concezione di Morgan relativa alla proprietà privata: tale istituzione è considerata un fattore “esterno al sistema sociale”, perché introdotta con la schiavitù; secondo Engels, al contrario, la proprietà privata è inerente al sistema e viene prodotta dalla dinamica sociale in sé. È da sottolineare infine che la prospettiva evoluzionista costituì il principale oggetto di dibattito tra gli antropologi successivi a Morgan, sia tra quelli richiamantisi al pensiero marxista, sia tra i fondatori delle teorie antropologiche occidentali. Sembra certo, a ogni modo, che Marx avesse letto Ancient society e ne avesse parlato a Engels (Fabietti, 1992, p. 205). Rimane aperta la questione della paternità dello schema evolutivo inizialmente adottato da Morgan, riconducibile, a quanto sembra, a idee già elaborate da alcuni autori russi durante il secolo XIX.
Scheda 2: Approfondimenti
Segnalo in questa scheda alcuni testi disponibili su Internet, per chi voglia comprendere in dettaglio alcuni dei concetti basilari dell’antropologia marxista.
Il concetto di “situazione coloniale” venne codificato dall’antropologo francese Georges Balandier in un saggio pubblicato nei “Cahiers internationaux de sociologie” (vol. 11, 1951, pp. 44-79). Il saggio è leggibile presso il sito seguente:
http://classiques.uqac.ca/contemporains/balandier_georges/situation_coloniale_1951/situation_coloniale_1951.pdf
Il concetto di “modo di produzione” è stato inizialmente applicato da Claude Meillassoux allo studio delle società africane nel saggio Femmes, greniers et capitaux (Donne, granai e capitali, 1975). Una descrizione concisa in italiano è leggibile nel testo di Richard R. Wilks Economie e culture. Introduzione all’antropologia economica (Milano: Mondadori, 2007) alle pp. 140-141. La versione online può essere consultata alla pagina seguente:
Il tema del “modo di produzione” è stato oggetto di dibattito negli studi antropologici; va ricordato a questo proposito un saggio di Gianni Sofri, Il modo di produzione asiatico. Storia di una controversia marxista (Torino: Einaudi, 1969).
* Professore associato, Università di Bonn.
Bibliografia
Bloch, Maurice
Marxism and Anthropology: history of a relationship – London: Routledge, 2004 (1983).
Cirese, Alberto
Cultura egemonica e culture subalterne – Palermo: Palumbo, 1972.
Cirese, Alberto
Intellettuali, folklore, istinto di classe. Note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci – Torino: Einaudi, 1976.
Fabietti, Ugo
Storia dell’antropologia – Bologna: Zanichelli, 1991.
Gramsci, Antonio
Osservazioni sul folclore – In: Gramsci: Letteratura e vita nazionale – Torino: Einaudi, 1950, pp. 215-221.
Harris, Marvin
Lineamenti di antropologia culturale – Bologna: Zanichelli, 1999.
Meillassoux, Claude
Femmes, greniers et capitaux – Paris: Maspero, 1975.
Nash, June
Ethnographic aspects of the World Capitalist System – In: Vincent, 2002, pp. 234-254.
Tolstoy, P.
Morgan and Soviet Anthropological Thought, 1952 – American Anthrpologist, 28 October 2009. Reperibile alla pagina Internet:
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1525/aa.1952.54.1.02a00030/pdf
Vincent, Joan
The anthropology of politics. A reader in ethnography, theory, and critique – Malden / Oxford / Victoria: Blackwell Publishing, 2002.
Da Internet
http://www.alternativacomunista.it/dmdocuments/Sulla%20questione%20femminile.pdf
http://es.wikipedia.org/wiki/P%C3%A1vel_Iv%C3%A1novich_Kushner