Jacques Pauwels*

 

Introduzione

La Germania nazista era un colosso militare e sconfiggere la bestia era un compito erculeo che non avrebbe mai potuto essere condotto a termine singolarmente da nessuno dei suoi nemici. L'impresa riuscì, ma solo a capo di molti anni di battaglie. Richiese sforzi sovrumani da parte di tutti i paesi coinvolti nel titanico conflitto contro Hitler e il suo nazismo, ossia una varietà tedesca di fascismo, e le altre dittature fasciste che si erano allineate con la Germania, come quella di Mussolini.

Il gruppo di paesi che combattè e alla fine sconfisse la Germania nazista venne chiamata da Churchill “La grande alleanza”, ma i sovietici usarono un termine più prosaico, “L'alleanza anti-hitleriana”.

Questa unione, che emerse solo dopo il coinvolgimento in guerra di Unione Sovietica e Stati Uniti nel 1941, era costituita da due ali, prima “l'alleanza occidentale”, e seconda, l'Unione Sovietica. Quest'ultima combattè le forze tedesche in una battaglia titanica lungo il cosidetto Fronte Orientale, a partire dall'estate del 1941. La prima, intendendo sia gli americani che gli inglesi, si scontrò con i nazisti in Europa a partire dall'estate del 1943, quando sbarcarono le loro truppe in Italia.

Il loro fondamentale contributo, tuttavia, arrivò sul Fronte Occidentale, ovvero, in un “teatro di guerra” non nell'Europa meridionale, ma in quella occidentale, e partì con il famoso sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, il cui nome in codice fu Operazione Overlord.

 

L'ottantesimo anniversario del D-Day

Il 6 giugno, ha segnato l'80esimo anniversario del D-Day e quelli che parteciparono a quello sbarco o ne stesero i piani sono stati celebrati alla presenza del presidente francese Macron e di molte altre autorità.

Giustamente. L'Operazione Overlord, infatti, ha costituto la sintesi del contributo degli Alleati occidentali alla disfatta della Germania nazista. Sugli sbarchi in Normandia, tuttavia si devono sottolineare alcuni aspetti importanti purtroppo passati sotto silenzio o trascurati durante questa commemorazione.

Primo, mentre la “battaglia di Normandia” che iniziò il 6 giugno 1944, fu indubbiamente uno scontro molto importante, non fu, come rivelano le statistiche, la più grande battaglia della Seconda Guerra Mondiale.

In termine di durata, iniziò il 6 giugno 1944 e terminò alla fine di agosto di quell'anno. Durò quasi tre mesi.

La “battaglia di Stalingrado” si trascinò per un tempo quasi doppio, dalla metà di luglio 1942 all'inizio di febbraio del 1943.

Merita citare anche “l'assedio di Leningrado”, anche se per ammissione unanime non si trattò di una battaglia convenzionale: iniziò l'8 settembre 1941 e non si concluse che il 27 gennaio 1944, per cui la sua durata esatta fu 2 anni, 4 mesi, 2 settimane e 4 giorni.

Secondo, il numero di vittime - morti, feriti, dispersi in battaglia e/o fatti prigionieri - che gli alleati ebbero in Normandia fu alto, ma non fu quello che le scene di apertura di film come Salvate il soldatoRyan ci inducono a credere.

Quelle riprese evocano il combattimento ad Omaha Beach, uno dei cinque settori di spiaggia in cui sbarcarono i soldati americani e nel quale dovettero attaccare posizioni tedesche altamente fortificate per cui subirono grosse perdite, precisamente, 2.500 caduti e più di 5.000 feriti.

In altri settori i tedeschi erano meno numerosi e molto meno ben trincerati per cui la loro resistenza fu molto meno ostinata di modo che le truppe alleate ebbero nello sbarco un numero molto inferiore di vittime.

Ÿ A Utah Beach, ad esempio, gli americani incontrarono una resistenza molto più leggera e subirono una perdita di 200 soldati.

Ÿ A Sword Beach, allo stesso modo, gli inglesi ebbero scontri di limitata asprezza.

Ÿ A Juno Beach, i 14.00 canadesi che sbarcarono ebbero 1.096 perdite, di cui “solo” 381 morti.

Il numero totale di perdite alleate nel D-Day raggiunsero approssimativamente quello di 10.000, numero che comprendeva 4.414 uomini uccisi, certamente alto, ma che non si avvicina a quanto la gente immagina.

Il numero di perdite costituì poco più del 6 per cento del totale dei 160.000 effettivi che sbarcarono e i numero dei morti all'incirca il 2,7 per cento.

Il numero relativamente piccolo di perdite fu dovuto al fatto che i tedeschi potevano solo usufruire di forze limitate per difendersi dall'invasione alleata.

Secondo lo storico militare inglese Richard Overy,

“ad Est, la Germania e i suoi alleati disponevano di 228 divisioni, in confronto alle 58 divisioni ad occidente, di cui solo 15 nell'area in cui si svolsero le fasi iniziali della battaglia di Normandia”

E, in realtà, costituite prevalentemente da truppe di qualità inferiore anche se supportate da alcune unità di élite delle SS, dato che il grosso della Wehrmacht era impegnato in una lotta per la sopravvivenza sul Fronte Orientale.

In un altro dei suoi libri, Overy scrive che, in Normandia, i tedeschi avevano una divisione ogni 217 miglia di costa, divisioni consistenti di solito in 12.000 uomini, ma spesso di “soldati non più giovani, .... feriti sul Fronte Orientale o in condizioni fisiche precarie, [con] scadenti capacità di combattimento.”

I difensori tedeschi erano distribuiti in modo sparso, tutt'altro che densamente. In numero significativo erano trincerati all'interno o in prossimità dei bunker e delle casamatte del “Vallo Atlantico”, separati gli uni dagli altri da tratti di costa molto estesi ma scarsamente presidiati. Gli americani impararono la differenza tra Omaha e Utah. In ogni caso, l'idea che migliaia di soldati tedeschi - spalla contro spalla - stessero aspettando acquattati tra le dune, mentre gli effettivi alleati scendevano dai loro mezzi da sbarco, è una favola inventata a Hollywood per film come Il giorno più lungo.

In tutta la battaglia di Normandia, americani, inglesi e canadesi giunsero ad avere 220.000 perdite, i tedeschi a 300.000, per un totale di oltre 550.000 uomini.

Il numero degli uccisi fu 30.000 per gli Usa, 11.000 per gli inglesi, 5.000 per i canadesi e 30.000 per tedeschi. In totale 76.000 caduti. Per quanto le cifre di queste perdite possano essere ritenute impressionanti, risultano quasi lillipuziane rispetto a quelle relative alla battaglia di Stalingrado combattuta tra 1942 e 1943.

Secondo la stessa fonte, la Encyclopedia Britannica, in quest'ultima battaglia si ebbero circa 800.000 perdite da parte tedesca e potenze a lei alleate e 1.100.000 da parte sovietica, per un totale di 1,9 milioni. La stima appare molto cauta, infatti Wikipedia cita numeri maggiori, per la precisione, oltre un milione di uccisi. Il Modern War Institute, voce dell'Accademia militare americana di West Point, stima le morti della battaglia di Stalingrado approssimativamente a 1,2 milioni. In ogni caso, si può dire che la battaglia di Normandia è stata di gran lunga meno letale della battaglia di Stalingrado.

Torniamo al D-Day

Quel 6 giugno, i piani prevedevano che le truppe alleate avrebbero sopraffatto le difese costiere tedesche senza subire molti danni e sarebbero penetrate in profondità nella terraferma francese. Per i canadesi il piano era che da Juno Beach si arrivasse nei dintorni della città di Caen, che distava quasi venti chilometri. (Vennero portate anche delle biciclette per facilitare questo spostamento, dato che - ovviamente - non ci si attendeva alcuna resistenza importante da parte dei tedeschi.)

Ci sarebbero volute settimane, tuttavia, prima che i Canucks entrassero a Caen.

Gli altri alleati non fecero meglio. Alla fine della prima giornata, nessuno aveva raggiunto gli obiettivi previsti per quel giorno.

La ragione era che i tedeschi avevano risposto agli sbarchi alleati inviando delle truppe d'elite, comprese unità delle SS che tenevano nelle retrovie, al fronte quando e ove se ne era presentato il bisogno. Questi raggruppamenti di soldati non erano in grado di ricacciare in mare gli alleati sbarcati, ma riuscirono ad impedire la loro penetrazione in profondità nella terraferma, come i pianificatori si erano aspettato.

Il risultato fu una lunga fase di stallo.

Aiutò l'operazione alleata il fatto che i tedeschi furono impossibilitati a trasferire truppe dal Fronte Orientale alla Normandia per le attività dell'Armata Rossa, culminate il 22 giugno - anniversario dell'attacco della Germania nazista all'Unione Sovietica nel 1941 - con il via alla maggiore offensiva sul Fronte Orientale con il nome in codice di Operazione Bagration.

La Wehrmacht fu tartassata duramente dall'Armata Rossa, che riuscì ad avanzare per oltre 600 chilometri, dall'interno della Russia direttamente fino ai sobborghi della capitale polacca, Varsavia, raggiunta ai primi di agosto.

L'Operazione Bagration rese così possibile agli alleati di uscire dalle ristrette aree delle loro teste di ponte in Normandia e lo stesso generale Eisenhower successivamente riconobbe che Bagration era stata la precondizione necessaria per il successo - in ritardo - dell'Operazione Overlord.

(Incidentalmente, i russi avrebbero reso un servizio simile - e ugualmente riconosciuto di rado - agli alleati occidentali all'inizio del 1945 quando risposero a un'urgente richiesta americana lanciando un'imponente offensiva in Polonia il 12 gennaio 1945, una settimana prima di quanto originariamente pianificato. Quella mossa costrinse i tedeschi ad abbandonare il loro attacco di sorpresa nelle Ardenne belghe che aveva già provocato agli americani grandi difficoltà nella cosidetta battaglia della Bulge.)

Riassumendo quanto sopra, è chiaro che gli alleati occidentali vinsero nella battaglia di Normandia, certamente ma non facilmente, e anche senza grosse perdite, perché i grandi sacrifici richiesti per battere il Moloch nazista erano stati sofferti per tre anni, e continuavano ad essere sofferti, dai sovietici sul Fronte Orientale.

È leale riconoscere che la Germania nazista fu sconfitta dagli sforzi e dai sacrifici non solo dell'Armata Rossa, ma dalle donne e dagli uomini dell'Unione Sovietica in generale, compresi i partigiani, i lavoratori dell'industria, i contadini e così via, le cui perdite totali alla fine del conflitto si sarebbero avvicinate al numero da capogiro di trenta milioni.

Infatti, la serie di vittorie naziste che erano iniziate nel 1939 erano arrivate al termine - e la marea della Seconda Guerra Mondiale aveva cambiato senso di marcia, per così dire - non con gli sbarchi in Normandia del giugno 1944, come viene apertamente o implicitamente proclamato in molti libri di storia e, naturalmente, in produzioni di Hollywood come Il giorno più lungo. La direzione della marea mutò sul Fronte Orientale e lo fece molto prima del D-Day. Per la precisione, avvenne nel dicembre 1941, nelle vaste distese russe, ad ovest di Mosca.

Quando, il 22 giugno 1941, fu lanciata l'Operazione Barbarossa, Hitler e i suoi generali erano convinti che la Wehrmacht avrebbe impiegato dalle sei alle otto settimane per piegare la Russia.

Era, infatti, maledettamente necessaria una vittoria rapida, perché solo un trionfo quasi fulmineo avrebbe potuto risolvere un importante problema strategico. Negli anni Trenta, in preparazione della guerra, il regime hitleriano aveva costruito enormi magazzini e li aveva riempiti delle materie prime strategiche d'importazione di cui la Germania aveva carenza, soprattutto gomma e petrolio, quest'ultimo in gran parte fornito dagli USA. Durante il corso della guerra, verosimilmente, sarebbe stata impedito alla Germania, ad esempio da un blocco navale britannico come era successo nella Prima Guerra Mondiale, di importare una quantità sufficiente di questi beni senza i quali i potenti panzer o gli aerei sarebbero stati inservibili.

Nel 1939-1940, tuttavia, queste scorte di materiali cruciali, come il petrolio, erano state severamente intaccate dalle “guerre-lampo” tedesche condotte contro Polonia, Francia e Grecia. Neppure le continue importazioni dalla Romania e - attraverso la Spagna neutrale - dagli USA, né l'accresiuta produzione di carburanti e gomma sintetici riuscivano colmare il deficit. E così, quando si diede il via all'Operazione Barbarossa, e tre milioni di soldati tedeschi attraversarono il confine con l'Unione Sovietica con non meno di 600.000 veicoli a motore, 3.648 carri armati e più di 2.700 aeroplani, la Germania nazista aveva solo carburante (e gomma per pneumatici) sufficienti per una guerra della durata di poco più di due mesi. Questo, tuttavia, veniva ritenuto sufficiente in quanto ci si aspettava che l'Unione Sovietica sarebbe stata messa a tappeto abbastanza presto e che allora le illimitate riserve di materie prime di cui disponeva, tra cui il petrolio del Caucaso, sarebbero state disponibili per il Reich.

Comnque, molto presto divenne chiaro che nonostante le folgoranti vittorie iniziali, Barbarossa non sarebbe stata una passeggiata.

Alla fine di agosto le avanguardie tedesche erano ancora molto lontane dal Caucaso, l'Eldorado del petrolio sovietico.

Il Terzo Reich di Hitler si sarebbe trovato rapidamente a dover affrontare la prospettiva di una catastrofica scarsità di carburante oltre a un'altra ugualmente problematica scarsità di manodopera necessaria alle sue fabbriche di armamenti e alle altre industrie, dal momento che milioni di uomini non potevano tornare a casa e al lavoro di fabbrica. La conclusione che, fin dalla tarda estate del 1941 e ancor più nell'autunno di quell'anno, ricavò chi sapeva, come alti ufficiali della Wehrmacht, pezzi grossi nazisti, il servizio segreto svizzero e il Vaticano, fu che la Germania non poteva più sperare di abbattere l'orso russo ed era destinata a perdere la guerra.

Le maree oceaniche cambiano di direzione lentamente ma inesorabilmente, anche se non impercettibilmente.

La marea della guerra mondiale iniziò allo stesso modo a svoltare lentamente dopo settimane dall'inizio di Barbarossa, ma il fenomeno venne subito percepito da un crescente numero di osservatori e potè essere certificato il 5 dicembre 1941, quando l'Armata Rossa lanciò con successo un importante controffensiva che respinse indietro i tedeschi e confermò il fiasco di Barbarossa. Nella stessa giornata, Hitler venne informato dai suoi generali che non avrebbe più potuto sperare di vincere la guerra. È pertanto legittimo definire il 5 dicembre 1941 come il “punto di svolta (Zäsur, letteralmente cesura) dell'intera guerra mondiale” come sostiene Gerd R. Ueberschär, un esperto tedesco del conflitto con l'Unione Sovietica. D'altro canto, è vero che quelli che sapevano erano rari e che, per le più diverse ragioni, preferirono conservare le loro previsioni con discrezione. Di conseguenza, fu solo dopo la spettacolare disfatta tedesca a Stalingrado, agli inizi del 1943, che il mondo intero capì che la Germania nazista non sarebbe riuscita ad altro che perdere la guerra.

Quando, un anno più tardi, gli alleati occidentali sbarcarono in Normandia, ebbero la fortuna di dover affrontare una parte dell'esercito tedesco afflitto da una cronica scarsità di carburante.

I nazisti avevano sperato che la vittoria contro l'Unione Sovietica avrebbe fruttato un'abbondanza di combustibili per i loro panzer e aerei.

Non accadde, anzi, le battaglie nelle vaste distese dell'Unione Sovietica impoverirono ulteriormente le riserve tedesche di petrolio. Nell'estate del 1944, la macchina bellica tedesca aveva non solo figurativamente ma persino letteralmente “finito la benzina” e questo è il motivo per cui la Luftwaffe, ad esempio, pur disponendo di eccellenti aeroplani, fu virtualmente assente dai cieli sopra la Normandia, con gran sollievo degli americani sulla terraferma, in mare e, naturalmente, nell'aria.

Si deve tenere presente che gli Stati Uniti non erano ancora un paese belligerante quando la svolta nella marea del conflitto venne confermata dal contrattacco sovietico di fronte a Mosca il 5 dicembre 1941.

Washington aveva certo rapporti di forte contrasto con Berlino dato che riforniva la Gran Bretagna in guerra con armamenti ed equipaggiamenti di ogni tipo, ma non aveva alcuna intenzione e neppure aveva predisposto alcun piano per muovere guerra alla Germania di Hitler, anche se esistevano molte ragioni di carattere umanitario che potevano moralmente spingere ad un'iniziativa militare contro quel regime veramente malefico.

Importanti gruppi industriali americani, inoltre, stavano facendo grandi affari con la stessa Germania nazista, ad esempio producendo autocarri, aerei, mezzi corazzati ed altro materiale strategico negli stabilimenti delle loro filiali in Germania e fornendo il carburante tanto maledettamente necessario per i panzer e gli Stukas tedeschi.

L'élite dell'America politica ed economico-sociale era per di più fermamente anti-comunista e non era favorevole ad alcuna iniziativa statunitense che potesse mettere a rischio le prospettive di successo del dittatore nazista nella sua crociata contro l'Unione Sovietica. D'altra parte, Hitler, alle prese con le grandi difficoltà che si prospettavano in Unione Sovietica, non nutriva alcun entusiasmo di aggiungere ai suoi nemici uno nuovo del calibro degli Stati Uniti.

Gli Usa, in realtà, volevano la guerra, ma non contro la Germania, contro il Giappone e ciò per impedire al loro più odiato rivale in Estremo Oriente di impadronirsi del Vietnam e dell'Indonesia, colonie - ricchissime di risorse - di paesi come Francia e Olanda in quel momento sotto occupazione tedesca.

Tokio venne provocato perché attaccasse. L'assalto giapponese a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941 provocò una dichiarazione di guerra americana al Sol Levante, non già alla Germania, che nulla aveva che fare con Pearl Harbor e la cui alleanza con il Giappone non implicava che Berlino venisse coinvolta in una guerra iniziata da Tokio.

Con grande sorpresa da parte di Washington, tuttavia, l'11 dicembre 1941, quattro giorni dopo Pearl Harbor, Hitler dichiarò guerra agli Stati Uniti.

Quasi certamente, Hitler considerò che questo gesto di solidarietà del tutto gratuito avrebbe indotto il suo alleato dell'estremo oriente a ricambiare con una dichiarazione di guerra al nemico della Germania, costringendo in tal modo i sovietici nella situazione estremamente pericolosa di una guerra su due fronti. Tokio, tuttavia, ritenendo di essere già fin troppo impegnato con un nemico come gli Stati Uniti, non abboccò all'esca.

A Washington la dichiarazione di guerra tedesca arrivò come una sorpresa non gradita, dal momento che una guerra contro la Germania non era attesa né desiderata e non erano stati preparati piani per questa eventualità. Lo storico americano Stephen E. Ambrose ha correttamente sottolineato che gli Stati Uniti non “entrarono” in guerra, ma vi furono “trascinati”.

Ambrose aveva ragione, nel senso che lo Zio Sam era stato “tirato” in guerra contro la Germania contro la sua volontà - e da nientemeno che dallo stesso Hitler.

Ciò presente, è lecito chiedersi se gli americani avrebbero mai dichiarato guerra alla Germania nazista e sarebbero mai sbarcati in Normandia, se Hitler non avesse dichiarato guerra contro di loro. E ci si potrebbe anche chiedere se Hitler avrebbe mai preso la disperata, persino suicida, decisione di dichiarare guerra all'Unione Sovietica se non fosse stato consapevole di trovarsi ormai in una situazione senza speranza in Unione Sovietica. L'ingresso degli Stati Uniti in guerra contro la Germania che, per molte ragioni non era stato tra le presunzioni ragionevoli prima del dicembre 1941, e per la quale Washington non aveva predisposto alcun piano preparatorio, pertanto non fu una causa, ma semplicemente una conseguenza, del cambio di marea nel corso della Seconda Guerra Mondiale che era iniziato in Unione Sovietica nella seconda metà del 1941.

In ogni caso, quando gli americani e gli altri alleati occidentali sbarcarono in Normandia nel giugno del 1944, mancava meno di un anno alla conclusione del conflitto il cui risultato era già stato deciso tre anni prima dall'altro lato dell'Europa. In qualche modo, l'Operazione Overlord confermò che l'astro della Germania nazista aveva raggiunto il suo zenith nel 1941 e stava rapidamente tramontando. E le truppe alleate non venivano inviate sulle spiagge della Normandia per liberare la Francia sulla via di Berlino, ma per prevenire la sconfitta della Germania da parte dei soli sovietici, prendere Berlino e così liberare tutta l'Europa per proprio conto.

Quando la Germania nazista divenne inaspettatamente un nemico degli Usa, gli Usa divennero automaticamente alleati dei nemici della Germania, compresa la Gran Bretagna e l'Unione Sovietica. L'alleanza dello Zio Sam con Mosca comportò rifornimenti americani di armamenti e altri materiali ai sovietici, tuttavie queste forniture, certamente importanti, non avrebbero mai rappresentato più di un frazione di quanto necessitava l'Armata Rossa e sarebbero diventate quantitativamente e qualitativamente di rilievo solo nel 1943, ossia, ben dopo le decisive battaglie di fronte a Mosca e a Stalingrado. La tesi che i sovietici sopravvissero all'Operazione Barbarossa grazie agli americani è solamente un mito.

Con l'alleato britannico, d'altro canto, Washington collaborò strettamente e si coordinò strategicamente. Di comune accordo venne presa la decisone di dare priorità alla guerra contro la Germania, piuttosto che contro l'altro loro comune nemico, il Giappone.

Questo avrebbe logicamente comportato l'invio di truppe nell'Europa occupata perché si confrontassero con la bestia nazista, aprendo così un “Secondo Fronte”.

Un Secondo Fronte avrebbe fornito grande sollievo all'Armata Rossa, che nel 1942 aveva affrontato un disperato tentativo tedesco di raggiungere i campi petroliferi del Caucaso, tentativo che aveva condotto a una titanica battaglia combattuta davanti e dentro Stalingrado dalla quali i sovietici non emersero vittoriosamente se non nei primi mesi del 1943.

Roosevelt e Churchill, tuttavia, preferirono non aprire allora un Secondo Fronte. I leader di Usa e Gran Bretagna si accontentarono di vedere il loro utile, ma non amato, alleato sovietico e la Germania nazista dissanguarsi reciprocamente in quella che per tutto il 1942 sembrava una situazione di stallo sul Fronte Orientale.

Comprendevano, infatti, che sconfiggere la Germania avrebbe richiesto grossi sacrifici e che sbarcare truppe nell'Europa occupata sarebbe stata senza dubbio un affare parecchio costoso. Non era molto più saggio restare in disparte al sicuro, almeno per ora, e lasciare che i sovietici se la battessero da soli contro i nazisti? Con l'Armata Rossa a fornire la carne di cannone necessaria a sconfiggere la Germania, gli americani e i loro alleati britannici sarebbero stati in grado di minimizzare le loro perdite. Ancor meglio, sarebbero stati in grado di rinforzare il loro dispositivo militare per poter intervenire in modo decisivo al momento giusto, quando il nemico nazista e l'alleato sovietico sarebbero stati entrambi esausti. Con la Gran Bretagna al loro fianco, gli Usa sarebbero stati molto verisimilmente in grado di svolgere il ruolo maggiore nel campo dei vincitori e agire da arbitro supremo nella spartizione delle spoglie nella presumibile comune vittoria. Nella primavera ed estate 1942, con i nazisti e i sovietici impegnati in una battaglia titanica, osservata a sicura distanza dall'anglo-sassone tertius gaudens, sembrava davvero che uno scenario del genere potesse realizzarsi.

La ragione comunicata a Stalin per la mancata apertura di un secondo fronte era che le forze combinate degli americani e degli inglesi non erano ancora in grado di lanciarsi in un'importante operazione sul continente.

Presumibilmente, doveva in primo luogo essere vinta la battaglia navale contro i sottomarini tedeschi per poter effettuare in sicurezza il trasporto delle truppe da oltre l'Atlantico. Truppe, tuttavia, erano state traghettate con successo dal Nord America alla Gran Bretagna e nell'autunno del 1942 gli americani e gli inglesi erano riusciti a sbarcare un considerevole contingente di forze nel Nord Africa. Questi sbarchi, conosciuti come Operazione Torch (Fiaccola), aveva portato all'occupazione delle colonie francesi del Marocco e dell'Algeria e, nell'estate del 1943 gli Yankees (americani) e i Tommies (inglesi), ora accompagnati dai Canucks (canadesi), per usare i soprannomi dei soldati occidentali alleati, sarebbero passati in Sicilia, e poi nella terraferma italiana, eliminando l'Italia dalla guerra.

Non era solo Stalin a chiedere l'apertura di un Secondo Fronte, ma anche um'ampia fascia dell'opinione pubblica inglese, in larga parte gente di parte operaia che, diversamente dall'élite al comando, simpatizzava con i sovietici. Per zittire questi fastidiosi sostenitori, Churchill dispose che un contingente di truppe costituito, non per caso, soprattutto da canadesi e non americani ed inglesi, fosse inviato all'assalto del porto francese di Dieppe, un'operazione cui venne assegnato il nome in codice di “Giubileo”. Come atteso, questi uomini vennero massacrati , fatto che venne convenientemente citato come prova irrefutabile che gli alleati occidentali non erano ancora in grado di lanciare un'importante operazione di sbarco oltre il Canale. Lo stratagemma raggiunse il suo scopo, ma l'opinione pubblica s'indignò per il massacro. Dopo gli sbarchi in Normandia del 1944, tuttavia, divenne possibile inventare una motivazione apparentemente convincente per quella carneficina. L'Operazione Giubileo, venne trionfalmente rivelato, era stata la “prova generale” per il successo degli sbarchi in Normandia, dato che importanti lezioni si erano presumibilmente apprese durante l'incursione che era servita a testare le difese tedesche. Era una tesi risibile, dal momento che ogni lezione sulle difese tedesche appresa nell'agosto 1942, non avrebbe potuto essere rilevante quasi due anni più tardi. In effetti, in conseguenza dell'Operazione Giubileo, nel 1943, i tedeschi costruirono nuove difese, note collettivamente con il nome di Vallo Atlantico. In ogni caso, così era nato un mito: la tragedia dell'Operazione Giubileo come condizione sine qua non per il trionfo dell'Operazione Overlord.

Dopo la battaglia di Stalingrado, era ovvio che la Germania nazista era destinata alla sconfitta e l'apertura di un Secondo Fronte apparve improvvisamente urgente a Roosevelt e a Churchill. I sovietici stavano ora verosimilmente iniziando a muoversi nella direzione di Berlino ma, attraverso lo stivale italiano gli alleati non avrebbero potuto batterli in quella che stava diventando una gara non dichiarata tra alleati con meta la capitale tedesca. Dopo la caduta di Mussolini, infatti, le truppe germaniche si erano insediate nella penisola e opponevano una dura resistenza agli invasori anglo-sassoni.

Si fecero quindi i preparativi per l'Operazione Overlord. L'urgenza di questa missione crebbe rapidamente nel corso del 1943 dato che l'Armata Rossa stava avanzando sistematicamente per l'intera lunghezza del Fronte Orientale. Per gli anglo-americani era troppo tardi per portare a termine in quello stesso anno un'operazione logisticamente assai complessa, dato che comportava il trasferimento di equipaggiamenti indispensabili allo sbarco dal Nord Africa e dall'Italia. Roosevelt e Churchill erano tutt'altro che deliziati dal fatto che l'Armata Rossa macinava strada, lentamente ma con sicurezza, verso Berlino e forse anche luoghi più ad occidente. Così, dalla prospettiva della strategia anglo-amercana, “divenne imperativo sbarcare truppe in Francia e dirigerle verso la Germania per tenere la maggior parte del suo territorio fuori dalle mani [sovietiche]”, come hanno scritto due storici americani, Peter N. Carroll e David W. Noble.

I leader politici e militari americani e britannici, rappresentanti dell'establishment dei loro paesi, ossia delle classi superiori, erano sempre stati intrisecamente anti-comunisti e anti-sovietici. Di contro, non erano mai stati del tutto contrari ad ogni forma di fascismo, compresa la variante tedesca, il nazismo. Erano “filofascisti”, ovvero ben disposti verso il fascismo e i sostenitori del fascismo, perché il fascismo era il principale nemico del comunismo e contemporaneamente “buono per gli affari” e quindi per il capitalismo di cui si può dire che il fascismo è una manifestazione. Non si dovrebbe dimenticare che la Germania di Hitler, come l'Italia di Mussolini e la Spagna di Franco, era un paese capitalista. È un'ironia della storia che gli Stati Uniti siano inciampati in una guerra contro il fascismo, personificato da Hitler (e pure da Mussolini) e così si siano trovati ad essere alleati dell'Unione Sovietica. Quest'alleanza, tuttavia, era innaturale e destinata a durare solamente fino alla sconfitta del loro comune nemico. In un'occasione, alcuni generali americani si espressero dicendo di stare combattendo una guerra “con l'alleato sbagliato contro il nemico sbagliato”.

Gli sbarchi in Normandia, pertanto, vennero organizzati allo scopo di prevenire uno scenario che tormentava i gentiluomini alla testa di Usa e Gran Bretagna, lo scenario in cui i sovietici, da soli, sconfiggevano la Germania e liberavano non solo l'Europa orientale, ma anche quella occidentale, compresa la Francia. Se fosse successo questo, ci si attendeva che i Russki avrebbero esattamente seguito il precedente stabilito da americani e inglesi nel 1943, quando avevano liberato l'Italia, esclusa la sua parte settentrionale che era rimasta dietro le linee tedesche. Avevano fatto esattamente quel che avevano voluto. Nota bene: senza consentire alcun intervento da parte del loro alleato sovietico, intervento che era stato previsto in quanto concordato in precedenza. Per impedire qualsiasi cambiamento socio-economico radicale, avevano neutralizzato i partigiani di sinistra che avevano piani per un'Italia completamente nuova e avevano installato al potere l'ex-fascista e noto criminale di guerra, Maresciallo Badoglio. In effetti, gli alleati occidentali avevano lasciato in piedi il sistema dell'Italia fascista, ingraziandosi in questo modo gli industriali, i banchieri, i grandi proprietari, il re, il Vaticano ed altri pilastri dell'establishment che nei fatti avevano consentito il regime di Mussolini e ne avevano beneficiato, a scapito dei lavoratori e degli italiani “normali” che battezzarono il nuovo sistema come un “fascismo senza Mussolini”.

Se i sovietici avessero agito in modo simile nei paesi che avevano liberato, ci si poteva attendere che il risultato sarebbe stato l'opposto e precisamente uno sforzo congiunto dei liberatori e dei combattenti della resistenza di sinistra per sradicare, a spese delle classi più alte, non solo il fascismo ma anche il sistema capitalista di cui si può dire che il fascismo costituiva l'esoscheltro. Dalla prospettiva degli americani, che erano determinati a mantenere e rivitalizzare il capitalismo dovunque possibile, questo non sarebbe stato niente di meno che una catastrofe.

Il resoconto, tutt'altro che edificante, della “liberazione” dell'Italia dimostra chiaramente che gli americani e i loro partner inglesi non avevano nulla contro il fascismo e i dittatori fascisti e preferivano che, in un modo o nell'altro, il fascismo restasse, piuttosto che consentire a un popolo liberato di decidere da solo la configurazione politica ed economico-sociale del loro paese.

Vedremo subito come gli sbarchi in Normandia non pretendessero di liberare la Francia nel senso di lasciare gli stessi francesi liberi di prendere democraticamente le decisioni circa il futuro post-bellico del loro paese e che i liberatori invece in realtà preferivano mantenere il sistema fascista della Francia di Vichy, con qualche cambio cosmetico, naturellement, piuttosto che correre il rischio che la Francia potesse sperimentare qualche forma di socialismo, come avevano fatto, con massimo dispiacere delle élite di governo inglesi e americane, negli Anni Trenta sotto gli auspici di un governo di sinistra noto come Fronte Popolare.

All'epoca, nel 1936, le élite al potere a Washington e Londra, diversamente da molti normali cittadini americani e inglesi, simpatizzavano per Franco e lo sostennero di nascosto e talvolta apertamente, dopo che questi diede il via a una rivolta militare contro il governo repubblicano democraticamente eletto con piani di riforma sociale ed economica. Se gli sbarchi in Normandia pretendevano di portare la libertà alla Francia, come abbiamo sentito e risentito, e sconfiggere il fascismo in Francia e dovunque in Europa, perchè, a seguito del loro trionfo nella primavera del 1945, americani e inglesi non rimossero Franco dal potere a Madrid, come avrebbero potuto fare col solo cenno di una mano?

Gli sbarchi in Normandia, allora, non furono per portare la libertà in Francia e non furono una crociata contro le dittature naziste.

Il vero obiettivo era permettere agli alleati occidentali di competere con i sovietici nella non dichiarata corsa verso Berlino, una competizione che, nell'estate del 1944, pareva ancora molto contendibile. Vincere quella gara avrebbe dato agli americani e ai loro partner britannici il controllo su gran parte, se non tutta, della Germania e la futura possibilità di fare lì quello che avevano già fatto in Italia, ossia preservare la situazione economica e sociale pre-esistente persino se questo significava proteggere i fascisti - nel caso della Germania, i nazisti - e i filo-fascisti. Questo era ancor più importante dal momento che grandi imprese e banche americane avevano fatto grandi investimenti in Germania, che sarebbero certamente andati perduti nel caso che i sovietici e gli antifascisti tedeschi ne avessero preso il controllo. Quello che successe in Germania non può essere raccontato qui, ma tutti conosciamo il risultato: gli americani ottennero ciò che volevano nella parte occidentale del paese, i sovietici nella parte orientale.

Non appena la battaglia di Normandia si concluse vittoriosamente, la resistenza dell'esercito tedesco si dissolse se non in tutta in gran parte della Francia. Ciò rese possibile agli anglo-sassoni di avviarsi con un primo forte passo in direzione della Germania, ma richiedeva anche di affrontare la spinosa questione della situazione in Francia. Gli americani avrebbero preferito mantenere al potere il governo collaborazionista del Maresciallo Pétain, ma senza Pétain e con alla testa una personalità più rispettabile, un Badoglio francese, per così dire. Dopo tutto, il regime di Vichy si era dimostrato buono per gli affari, compresi gli affari delle filiali francesi delle banche e delle grandi imprese americane, come la Ford France, che aveva fatto grandi profitti grazie all'entusiastica collaborazione con i tedeschi.

Washington aveva mantenuto relazioni diplomatiche con Vichy fino allo sbarco nel Nord Africa e in seguito aveva flirtato con politici pétainisti, alti burocrati e generali che, dopo Stalingrado, avendo sentito da dove tirava il vento, erano opportunisticamente passati dalla parte alleata. La preferenza di Washington per i pétainisti era determinata da due fattori collegati. Primo, il desiderio di trovare partner francesi che, una volta issati in sella al potere, dessero garanzie di mantenere lo status quo capitalista nella Francia post-liberazione. Secondo, il loro timore era che il ritiro dei tedeschi e il concomitante collasso del regime di Vichy potesse dare occasione alla Resistenza di impadronirsi del potere. Una resistenza in gran parte formata da classe operaia - proprio come il collaborazionismo era stato in gran parte borghese - e molto di sinistra, con i comunisti come elemento guida, poteva introdurre quel tipo di riforme radicali molto popolari in Francia, ma aborrite come “rivoluzione rossa” dai leader americani, compreso il presidente Roosevelt, decisi a salvare il capitalismo in Francia, quali che fossero i desideri dei francesi.

Quanto al generale Charles de Gaulle, leader dei cosidetti Liberi Francesi con base in Gran Bretagna e riconosciuto da molti, dentro e fuori la Francia, come un leader della Resistenza, non si trattava di un uomo di sinistra, ma di un conservatore con una personalità molto spiccata. Roosevelt e molti altri americani tra coloro che decidevano lo disprezzavano come un insopportabile megalomane e condividevano l'opinione di Vichy secondo la quale De Gaulle non era che la facciata dietro cui si nascondevano i comunisti, i veri leader della Resistenza. Washington, pertanto, rifiutò di riconoscere De Gaulle e il governo provvisorio che presiedeva, persino quando fu chiaro che la sua opzione preferita, ossia mettere al potere un ex-pétainista, sarebbe stata inaccettabile per la maggioranza dei francesi.

E così gli americani fecero piani per governare la Francia “liberata” (e gli altri paesi europei) da soli, almeno per il momento, con un governo militare sotto il loro controllo, ma che eufemisticamente chiamavano AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories - Governo militare Alleato dei territori occupati). In Italia, come s'è visto, questo piano aveva sovrinteso la già accenata transizione dal fascismo con al fascismo senza Mussolini e l'idea era chiaramente di giungere ad un risultato simile in Francia, un Vichyismo senza Vichy. Il proposito, comunque, di trasformare la Francia in un protettorato americano de facto, non era stata ancora realizzato all'epoca degli sbarchi.

Nel frattempo, de Gaulle stava lentamente diventando accettabile per Washington sulla base di tre fattori. Il primo era che gli americani alla fine avevano compreso che il popolo francese non avrebbe tollerato che si mantenesse, in qualche modo o forma, il sistema di Vichy. Di contro, avevano capito che de Gaulle era popolare, godeva del sostegno di una considerevole sezione della Resistenza e aveva il potenziale per diventarne un leader tale da eclissare i comunisti. Secondo, de Gaulle tranquillizò Roosevelt impegnandosi a perseguire una linea politica che non avrebbe in alcun modo minacciato lo status quo economico. A garanzia di questo impegno, innumerevoli ex di Vichy che godevano del favore degli americani vennero integrati nel suo movimento dei Liberi Francesi e persino assegnati a posizioni di primo piano. Il gollismo divenne così rispettabile e lo stesso de Gaulle si trasformò in un “leader di destra”, accettabile sia alle classi superiori di Francia, terrorizzate da una possibile presa del comando da parte della Resistenza “rossa”, sia agli americani, destinati a succedere ai tedeschi come soci e protettori di quella élite.

Alla fine di agosto del 1944, quando la battaglia di Normandia fu vinta, una sollevazione della Resistanza parigina, prevalentemente comunista, aveva chiaramente come obiettivo non di impedire ai tedeschi di bruciare la città, come avrebbe suggerito una produzione hollywoodiana del 1966, Is Paris Burning? (Parigi brucia?), ma instaurare un governo francese che fosse indipendente dagli anglo-sassoni liberatori del paese e perseguisse politiche non secondo i loro voleri.

Questo costrinse gli americani ad abbandonare il piano AMGOT e a giocare in fretta la carta che fino ad allora erano stati riluttanti a giocare: de Gaulle.

Il generale venne fiondato nella capitale, per venire presentato ai parigini come il salvatore che la Francia patriottica aveva atteso da molti anni. Venne organizzata una sfilata trionfale sui Campi Elisei alla cui testa fu posto de Gaulle mentre i leader della Resistenza locale erano costretti a seguirlo a rispettosa distanza come attori di secondo piano. Qualche tempo dopo, il 23 ottobre 1944, Washington diede il suo assenso, per quanto non entusiasta, a de Gaulle e lo riconobbe come capo del governo provvisorio della Repubblica francese.

Dopo la battaglia di Normandia, pertanto, fu grazie agli americani che de Gaulle, e non gli uomini della Resistenza, potè arrivare al potere in Francia. Rispetto a questi ultimi, de Gaulle era in conservatore e collaborò di buon grado con Washington per impedire la realizzazione delle riforme radicali che la Resistenza aveva tra i suoi piani e che molti, se non la grande maggioranza dei francesi, e di sicuro la classe operaia, aveva atteso e alle quali avrebbe dato il benvenuto. Il sistema socio-economico capitalista del paese venne preservato, anche se la sua sovrastruttura politica venne aggiornata: sulle rovine del regime fascista di Vichy, un nuovo sistema, comparativamente molto più democratico , venne eretto e divenne ufficialmente riconosciuto nel 1946 come “Quarta Repubblica”. Questo nuovo assetto rappresentò un sollievo per le classi superiori francesi, ma venne incontro anche agli obiettivi americani, determinati a fare dell'Europa liberata un luogo sicuro per il capitalismo, preferibilmente un capitalismo di stile americano, senza restrizioni, con le “porte aperte” ai prodotti e agli investimenti americani - e con lo Zio Sam a controllare occhiutamente.

De Gaulle non rimase al potere molto a lungo e si dimise nel gennaio del 1946 nel tentativo di impedire che la Francia venisse integrata nell'Europa occidentale a dominio Usa e diventasse vassalla dello Zio Sam, come prefigurava l'adesione alla NATO. Questi sviluppi vennero accompagnati dalla americanizzazione o “Cocacolonizzazione” del paese. De Gaulle, tuttavia, nel 1958 ritornò, ottenne ampi poteri e riorganizzò la Quarta Repubblica in modo da convertirla in un sistema presidenziale, per ironia della sorte, di stile americano, ma con un maggiore autoritarismo. Questo nuovo assetto istituzionale sarebbe stato battezzato come “Quinta Repubblica”. In seguito de Gaulle si dimostrò una spina per lo Zio Sam, ad esempio vietando che sul territorio francese fossero presenti basi militari americane (e il quartier generale della NATO) e, più in generale, rifiutando di fare il docile vassallo come Konrad Adenauer nella Germania Ovest. (È per questa ragione che la CIA verosimilmente orchestrò alcuni tentativi di golpe e assassinio contro il regime e/o persone vicine al recalcitrante presidente francese.)

De Gaulle non perdonò mai agli americani (e agli inglesi) di trattare la Francia come uno “zerbino” (paillason), come disse in un'occasione, all'epoca dello sbarco in Normandia. Nel 1964, in occasione del ventesimo anniversario di Overlord, descrisse quell'operazione come “il preludio alla seconda occupazione del paese” e non partecipò mai alle sue annuali commemorazioni. Allo stesso modo, assenti da queste annuali celebrazioni, almeno nell'ultimo decennio, sono stati i russi eredi dei sovietici, i cui sforzi e sacrifici avevano reso possibili non solo gli sbarchi, ma persino la vittoria finale conto la Germania nazista.

Quest'anno, la ragione ufficiale per cui i rappresentanti della Russia sono ritenuti persona non grata è la “guerra d'aggressione” del loro paese contro l'Ucraina, un tipo di scusa che non è stata mai invocata per ricusare la presenza di un presidente americano per guerre simili (e persino peggiori). Ad esempio, George W. Bush, che venne invitato alle celebrazioni nel 2014. E cosa pensare dell'invito esteso al presidente ucraino, Volodymyr Zelenski?

Il suo governo pullula di ammiratori di Stepan Bandera e di altri ucraini che collaborarono appassionatamente con i nazisti. Con i neo-nazisti poi lo stesso Zelenski ha partecipato felicemente e orgogliosamente nell'onorare con un lunghissimo e unanime applauso, nel settembre 2023 alla Camera dei Comuni del Canada, Yaroslav Hunka, un'ex-SS ucraino.

In seguito i parlamentari canadesi reclamarono imbarazzati la loro ignoranza, ma Zelenski certamente conosceva bene chi era quell'uomo e quello che rappresentava, ed anche il primo ministro Justin Trudeau, avrebbe dovuto sapere o come minimo informarsi. Non è infatti per nulla segreto che, nei processi di Norimberga, il corpo delle SS nella sua totalità venne dichiarato un'organizzazione criminale.

Ed è altrettanto noto, in particolare nel Canada, che un'unità delle SS simile a quella di cui fu membro Hunka, combattè contro le truppe alleate in Normandia e commise crimini di guerra, compreso il massacro di decine di prigionieri di guerra canadesi a Ardenne Abbey vicino Caen.

È presumibile che Justin Trudeau conosca la storia canadese e sappia cosa è accaduto ad Ardenne Abbey. Dovrebbe andarci e deporre una corona - ed invitare Zelenski ad unirsi a lui.

 

Fonti:

“Abbaye d'Ardenne”, Government of canada / Gouvernment du Canada,

https://www.veterans.gc.ca./en/remembrance/memorials/abbaye-ardenne.

Adams, Sharon, “Quick and quiet, this folding bike played a key Canadian role in Normandy”, Legion: Canada's Military History magazine, June 6, 2022,

https://legionmagazine.cm/d-day-bicycle.

Ambrose, Stephen E., Americans at War, New York, 1998.

“Battle of Stalingrad, Britannica,

https://www.britannica.com/event/Battle-of-Stalingrad.

Blum, William, Killing Hope: U.S. Military and C.I.A. Interventions since World War II, second edition. Monroe, Maine, 2012.

Carroll Peter N. and David W. Noble, The Free and the Unfree: A New History of the United States, second edition, New York, 1988.

“Estimated Battle Casualties During the Normandy Invasion on June 6, 1944”, Britannica,

https://www.britannica.com/story/estimated-battle-casualties-during-the normandy-invasion-on-june-6-1944.

Foot, Richard, “D-Day and the Battle of Normandy”, The Canadian Encyclopedia, February 7, 2006,

https://www.thecanadianencyclopedia.ca/en/article/normandy-invasion#:≈:text=Total%20Allied%20casualties%20on%20D.Over%205%2C000%20Canadian%20soldiers%20died.

Gatzke, Hans, Germany and the United States: A Special Relationship”?, Cambridge, MA and London, 1980.

Jersak, Tobias, “Öl für den Führer”, Frankfurter Allgemeine Zeitung, February 11, 1999.

Jones, Dustin, “80 years ago, the Soviet began defending Stalingrad against germany”, NPR, August 23, 2022,

https://www.npr.org/2022/08/23/1119139781/stalingrad-germans-soviets-hitler-stalin-wwwii-world-war-ii#:≈:text=The%20battle%20came%20to%20an%20end%20on%20Feb.,at%20approximately%201.2%20million%20people.

Kimball, Warren F. , “FDR and Allied Grand Strategy, 1944-1945: The Juggler's Last Act”, in Charles F. Brower (ed.), World War II in Europe: the Final Year, New York, 1988, pp. 15-38.

Lacroix-Riz, Annie, Les élites françaises entre 1940 et 1944. De la collaboration avec l'Allemagneà l'alliance américaine, Paris, 2016.

Lacroix-Riz, Annie, Les origines du plan Marshall: Le mythe de “l'aide” américaine, Armand Colin, Malakoff, 2023.

Loubet, Manon, “La question pas si bête: mais que faisait Charles de Gaulle le 6 juin 1944”, 14actu, June 2, 2019,

https://actu.fr./normandie/bayeux_14047/la-question-pas-bete-mais-faisait-charles-gaulle-6-juin-1944–24378078.html.

Overy, Richard, Why the Allies Won, London, 1995.

Overy, Richard, Russia's War, London, 1997.

Pauwels, Jacques R., “The Allies' Second Front in World War II: Why Were Canadian Troop Sacrificed at Dieppe?”, Global Research, June 03, 2014,

https://www.globalresearch.ca/the-allies-second-front-in-world-war-ii-why-were-canadian-troops-sacrificed-at-dieppe/32403.

Pauwels, Jacques R., The Myth of the Good War: America in theSecond World War, second edition, Toronto, 2015.

Pauwels, Jacques R., Myths of Modern History: From the French Revolution to the 20th century world wars and the Cold War - new perspectives on key events, Toronto, 2022.

Pauwels, Jacques R., “Americanizing France”, Counterpunch, March 4, 2024.

“Remembering D-Day: Key facts and figures about epochal World War II invasion”, AP,

https://apnews.com/article/d-day-invasion-normandy-france-nazis-07094640dd7bb938a23e144cc23f348c#:≈

;text=A%20total%20of%2004%2C414%20Allied.killed%20around%2020%2C000%20French%20civilians.

Rudmin,Floyd, “Secret War Plans and the Malady of American Militarism”, Counterpunch, February 17-19, 2006,

https://www.counterpunch.org/2006/02/17/secret-war-plans-and-the-malady-of-american-militarism.

Stoler, Mark A., Allies in War: Britain and America against the Axis Power 1940-1945, London, 2005.

“The D-Day Landings Northern France 6 June 1944”, Second World war Sixtieth Anniversary, p. 11,

https://assets.publishing.service.go.uk/media/5a78d775ed915d07d35b2d91/ww2_dday.pdf.

Ueberschär, Gerd R., “Das Scheitern des ‘Unternehmens Barbarossa’ ”, in Gerd R. Ueberschär and Wolfram Wette (eds.), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion. “Unternehmen Barbarossa” 1941, Frankfurt, 2011, pp. 85-122.

 

* Pubblicato da Global Research, 2024, traduzione Silvio Calzavarini.

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

Toogle Right

Condividi

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.