Piero Bevilacqua
Non saremmo onesti e neppure osservatori critici ed equanimi del nostro tempo se accanto alla condanna dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, non conservassimo la memoria di come siamo giunti a questo punto. Serve anche immediatamente per continuare a spingere al dialogo le forze in urto e animare i movimenti per la pace. Sul Manifesto più che in qualsiasi altro giornale italiano non ci si è fermati alla cronaca dei fatti presenti, tutta dominata dal racconto di Putin testardo e cinico invasore, e si è racconta un'altra storia, quella che ha costretto il leader russo a una risposta perdente sul piano politico immediato, tardiva, disperata: << non avevamo alternative >>, ha dichiarato in uno dei suoi ultimi discorsi in Tv. Una risposta che soddisfa le mire degli USA di continuare la guerra fredda.
Quindi resta poco da aggiungere a quanto scritto da Albero Negri, Manlio Dinucci, Tariq Ali, Tommaso Di Francesco, Sergio Romano, intervistato da quest'ultimo, sul ruolo decennale che la Nato ha avuto nel condurre al presente esito.
Gli osservatori non superficiali, anche in questo momento di allarme e preoccupazione per le popolazioni dell'Ucraina, e per il pericolo di un allargamento del conflitto, hanno il compito di mantenere la mente fredda per suggerire le possibili soluzioni. Ma tutti devono partire con onestà da una ammissione indispensabile per afferrare alla radice i problemi immediati del presente. La volontà degli USA di mantenere ed anzi accrescere il proprio dominio imperiale che fu nel '900 costituisce il più grave impedimento a un assetto multilaterale dei poteri mondiali e dunque alla stabilità e alla pace. Tutta la storia degli ultimi trent'anni, che è anche la storia della Nato, com'è noto, non è che una storia di guerre. E allora dovremmo chiederci. Quanto questa volontà egemonica degli USA, dopo il crollo dell'URSS, ha impedito un'evoluzione in senso democratico della Russia? Ricordiamo che lo stesso Putin aveva cominciato a collaborare con l'Europa, perfino con la Nato, nei primi anni dei suoi governi. È d'altra parte comprensibile che la Russia aveva ed ha tutto l'interesse ad avere buoni rapporti con l'Europa, non solo con la Germania, anche per non dover dipendere troppo dal potente vicino orientale, la Cina. E invece gli USA hanno disseminato di basi missilistiche tutti i paesi dell'ex patto di Varsavia che confinano più o meno immediatamente con quel paese. Hanno operato in modo da generare crescente insicurezza militare tra l'opinione pubblica russa, creando tutte le condizioni perché i cittadini dessero il loro incondizionato consenso, non a chi li governava meglio, e con più libertà, ma a chi appariva più in grado di difenderli dalle minacce della Nato, diventata in pochi anni anche orientale...
Ma c'è un aspetto che non è emerso in questi giorni. Nel 2018, Noam Chomsky, ha riportato le parole degli scienziati del << Bulletin of the Atomic Scientists>> i quali sostengono che il programma di ammodernamento militare avviato da Obama e continuato da Trump ha accresciuto << di circa tre volte la potenza distruttiva dei missili balistici statunitensi, creando esattamente la situazione che ci aspetteremmo di vedere se uno stato dotato di un grande arsenale nucleare volesse dotarsi della capacità di ingaggiare e vincere un conflitto atomico, disarmando i nemici con un attacco a sorpresa>> (2 minuti dall'apocalisse, Piemme). Ecco dunque la drammatica novità denunciata dagli scienziati, che dovrebbe togliere ogni illusione su quello che è avvenuto finora: la pace assicurata dalla deterrenza nucleare, la pari possibilità delle due superpotenze di distruggersi. L'equilibrio del terrore si è rotto. E il fatto che gli USA dopo il crollo dell'URSS non abbiamo proseguito nello smantellamento dei missili nucleari, di recente non abbiano rinnovato il trattato New Start per la riduzione delle armi ad alto potenziale, abbiano disatteso gli accordi di Minsk. getta una luce ancora più inquietante sulle intenzioni di quella amministrazione. Davvero non si capisce perché un capo di stato per quanto autoritario e dispotico, qual è Putin, ma sicuramente politico consumato , debba rinunciare a fondare il proprio consenso sulla prosperità del suo popolo, acconciarsi a subire le dure sanzioni americane e europee, infilarsi in una guerra impopolare, se non per una drammatica questione di sicurezza. Chi non comprende questo aspetto è in malafede o talmente superficiale e disinformato da non meritare alcuna replica argomentativa.
Ora qual è l'interesse dell'Europa in tutta questa faccenda interamente americana? Non era compito dei membri europei della NATO imporre all'amico americano di desistere dall'allargare l'Allenza e di portarla addirittura in terra russa? Invece abbiamo assistito al balbettio dei capi di stato che hanno fatto chiacchiere, esortando al dialogo, incapaci di portare al tavolo delle trattative con Putin l'unico argomento persuasivo: lo stop a inserire l'Ucraina nell'Alleanza atlantica. Ma era con Biden che dovevano trattare, non con il leader russo.
Perciò mentre invochiamo e ci mobilitiamo per la pace non dimentichiamo che la Nato opera contro gli interessi italiani ed europei. La nostra appartenenza all'Allenza ci costringere da decenni a essere impegnati sui vari fronti di guerra, in violazione della Costituzione e a dilapidare somme ingenti in armamenti: nel 2021 il nostro governo ha programmato 12 miliardi di nuove spese. Risorse che potremmo spendere per vaccinare i poveri lasciati senza cure nei vari angoli del mondo. Ci chiediamo: di fronte a queste scelte che senso ha aver varato il PNRR-Next Generation? Siamo mobilitati per cambiare il nostro modello di sviluppo, per approntare risposte al riscaldamento climatico, affrontare quella che si presenta come la più imprevedibile delle sfide che l'umanità abbia avuto finora di fronte, e noi dobbiamo inseguire le ambizioni geopolitiche degli USA?