Rodrigo Andrea Rivas
“In piena facoltà egregio presidente
le scrivo la presente che spero leggerà.
La cartolina qui mi dice terra terra
di andare a far la guerra quest’altro lunedì.
Ma io non sono qui egregio presidente
per ammazzar la gente più o meno come me.
Io non ce l’ho con lei sia detto per inciso
ma sento che ho deciso e che diserterò”
Boris Vian, “Le Déserteur”, 1954 (tr. it. “Il disertore”, G. Calabrese)
Pochi giorni fa ho scritto che l’Europa si avvicinava ad una nuova crisi degli euromissili con epicentro Ucraina.
Poiché non si possono ignorare sempre i fatti, successivamente i media italiani hanno scoperto il problema.
Ora parlano dell’Ucraina e della possibile guerra susseguente ad un’invasione russa.
Curiosamente, dopo aver parlato di una possibile guerra tra potenze nucleari in Europa, con malcelato piacere i mezzibusti tornano all’interessantissimo vaudeville ”Draghi, Casini, ed i soliti ignoti”.
Ai tempi di Giorgio Gaber “l’Italia giocava alle carte, e parlava di calcio nel bar” (“La presa del potere”, 1973).
Nel 2022 l’Italia si divide tra maratone e dirette televisive interminabili per non perdersi le peripezie dei supposti “king maker” intestarditi in un gioco astruso ridotto ormai a “Draghi e Casini più il vecchio e attuale presidente ritiratosi nella sua Palermo” (l’innominabile è uscito dalla scena).
Al confine ucraino il gioco italiano non interessa granché.
Malgrado Biden e Putin gridino al lupo nessuno sembra prenderli sul serio.
Poiché sarebbe un lupo nucleare c’è da chiedersi se si parla di una popolazione di struzzi, di spericolati incoscienti o, semplicemente, troppo stanca per reagire.
Dal punto di vista degli interessi europei la soluzione sarebbe semplicissima: rinunciare alle armi nucleari nella parte orientale del continente e stabilire uno statuto di neutralità per i Paese dell’Europa dell’Est, o come minimo per la Georgia, l’Ucraina, la Finlandia ed i Paesi baltici.
Si replica a questo scenario istericamente. Secondo Josep Borrell, alto rappresentante dell’UE per la politica europea, qualsiasi concessione supporrebbe una “nuova Yalta”.
I passacarte aggiungono: “E trasformerebbe questi Paesi in satelliti della Russia”.
Confesso che ho qualche simpatia per questo vecchio militante del Partito Socialista Operaio Spagnolo per un motivo che mi ricorda altre storie: i suoi nonni paterni, migranti catalani in Argentina, avevano aperto una panetteria nella città di Mendoza. Perciò, invece di Josep preferisco chiamarlo Manolo, il personaggio di Mafalda figlio di un droghiere, simpatico ragazzone coi capelli a punta e non troppo sveglio che sostiene speso cose semplicemente assurde.
Per Yalta, Manolo, mancano Roosevelt, Stalin, Churchill e la guerra.
Sui satelliti non guasta ricordare che non lo diventarono né Austria né Finlandia in un’epoca in cui il potere di Mosca era infinitamente superiore.
L’Austria ha recuperato la sua piena sovranità, liberandosi dai militari stranieri e adottando uno status di neutralità, solo con “Il trattato di Stato per la re-istituzione di un’Austria indipendente e democratica”, firmato a Vienna il 15 maggio 1955 tra le potenze occupanti alleate: Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Unione Sovietica e il governo dell’Austria.
La Finlandia, dopo la Seconda guerra mondiale ha scelto una linea fortemente neutralista conciliando sintonia con Mosca e buoni rapporti col blocco occidentale. L’intesa con l’Unione Sovietica era regolata da un Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza tecnica siglato nel 1948 con cui il paese si impegnò persino a difendere il territorio sovietico in caso di attacco attraverso la Finlandia stessa.
Per quelle curiosità della vita, il 4 gennaio 2022, Sanna Marin, la giovane socialdemocratica a capo del governo di Helsinki, ha aperto alla possibilità di un ingresso del suo paese nella NATO.
La posta in gioco non è la sottomissione di qualche Paese a Mosca.
E’ la sicurezza della Russia, Paese fragile la cui instabilità interna non conviene agitare.
E’ la pace e la sovranità in Europa.
Che la Russia intenda “invadere l’Ucraina”, occupandola totalmente, appartiene solo al regno della propaganda.
Mi sembra utile ricordare un paio di giudizi in materia di Henry Kissinger, assassino virale ma non stupido:
“L’Ucraina dovrebbe avere il diritto di scegliere liberamente i suoi legami di carattere economico e politico. Ma non dovrebbe far parte della Nato. L’Ucraina dovrebbe essere libera di creare qualsiasi governo compatibile con la volontà espressa della sua gente. I leader ucraini dovrebbero in modo saggio scegliere la strada della riconciliazione tra le varie parti del loro paese. Si dovrebbe seguire il modello della Finlandia: questa nazione mantiene in modo fiero la sua autonomia e indipendenza, collabora con l’Occidente nella maggior parte dei settori, ma evita accuratamente ostilità istituzionali verso la Russia” (“To settle the Ukraine crisis, start at the end”, “Washington Post”, 5 marzo 2014).
“C’è chi dice che dobbiamo costringere la Russia a ripristinare la legalità internazionale in Ucraina attraverso le sanzioni e l’isolamento, e che se la Russia collassasse a causa di tutto questo, non sarebbe altro che il prezzo che paga per l’aggressione. La mia scuola di pensiero minoritaria è che noi, probabilmente, vinceremmo una nuova guerra fredda, ma una nuova Jugoslavia post-Tito devastata da conflitti ed estesa da San Pietroburgo a Vladivostok non è nell’interesse nazionale americano” (“Se crolla la Russia” “Limes”, luglio 2021).
Chiunque abbia visto Budapest sa che i segni dell’occupazione sovietica del 1956 sono ben presenti sulle strade. Eppure, quanto è successo nell’Ungheria nel 1956 sarebbe poca cosa se confrontato a quanto potrebbe avvenire in Ucraina se venisse riproposto quello scenario, e cioè l’invasione. Lo sa benissimo chiunque abbia un minimo d’informazione. Lo sa, ad esempio, l’ex capo della marina tedesca, vice ammiraglio Achim Kay Schönbach, che proprio perciò si è dimesso il 21 gennaio 2022:
“L’idea che la Russia voglia invadere l’Ucraina è un’idea sciocca, un nonsenso. Probabilmente il Cremlino vuole esercitare un po’ di pressione, perché Putin sa di poterlo fare. Così può dividere l’Europa. Quello che Putin vuole davvero è rispetto. È facile dargli il rispetto che vuole e che, probabilmente, merita anche” (“Si dimette capo della Marina tedesca dopo dichiarazioni su Ucraina”, tv svizzera.it, 23 gennaio 2022).
Cosa ben diversa è supporre che, davanti alla totale mancanza di risposte di merito sulle proposte presentate della Russia agli Stati Uniti e alla NATO, ci sarà una risposta “forte” da Mosca.
La Russia ha preannunciato che prenderà “misure militari”. Quali?
Penso che come minimo farà sarà stanziare missili nucleari “tattici” in Bielorussia, e a Kaliningrad e dintorni. Che come massimo potrebbe annettersi il Donbass con il beneplacito della popolazione locale.
Secondo i propagandisti, Mosca non può sostenere economicamente queste misure.
Non sanno fare i conti: gli attuali prezzi del petrolio – che non diminuiranno a breve – permettono che il Cremlino possa sostenere largamente i costi economici di queste operazioni.
Un’altra misura potrebbe essere occupare militarmente la zona a sud del Donbass (Mariupol) per creare una cintura di sicurezza che seguendo la direttiva sud-ovest congiunga le due zone ribelli con la Crimea, ma quest’ultima ipotesi mi sembra molto rischiosa poiché la popolazione dei distretti ucraini di Zaporizhia e Jerson sono sì di lingua russa in maggioranza, come a Odessa, ma non sembrano disponibili ad entrare nella Russia rompendo con l’Ucraina come fece la popolazione della Crimea nel 2014.
Ciò che è del tutto evidente è che Mosca farà qualcosa poiché in caso contrario le sue posizioni sarebbero un bluff e l’orso russo, che ha proclamato “la linea rossa” dopo essere stato ignorato per 25 anni, perderebbe la faccia.
L’iniziativa di Mosca esigendo “garanzie di sicurezza” non è una pantomima e va presa sul serio. Capisco che si fa fatica ma non sarebbe male che i mass media italiani, gli “esperti” ed i politici leggessero almeno i documenti proposti da Mosca.
Il progetto d’accordo proposto da Mosca all’UE per diminuire la tensione segnala nel paragrafo 1 che le due parti, “non devono intraprendere azioni che abbiano effetti negativi sulla sicurezza dell’altro”.
Nel paragrafo 2 che le organizzazioni internazionali e le alleanze militari di cui fanno parte, “aderiscano ai principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite”.
Nel paragrafo 7 che “le parti devono astenersi di dispiegare armi nucleari al di fuori dei loro territori nazionali e rimpatriare al loro territorio quelle che abbiano già dispiegate”.
Sempre nel paragrafo 7 che le parti “non devono allenare il personale civile e militare dei Paesi non nucleari per usare armi nucleari”, “né realizzare manovre che comprendano l’uso di armi nucleari”.
La NATO fa tutto questo: mantiene armi nucleari in Belgio, Germania, Olanda, Turchia e Italia, ed allena i loro militari alla guida di bombardieri con capacità nucleare.
La Russia chiede che la NATO abbandoni ogni politica di allargamento verso Est, in particolare verso l’Ucraina e la Georgia.
Chiede che garantisca che non parcheggerà batterie di missili in Paesi che confinano con la Russia.
Chiede che sia ristabilito l’accordo INF che gli USA abbandonarono unilateralmente nell’agosto 2019 e che si stabilisca un dialogo Est/Ovest in materia di sicurezza.
Tutto questo è manifestamente ragionevole.
Tutto questo faceva parte degli accordi tra Reagan e Gorbaciov.
Non meriterebbe che gli esimi ministri della difesa e degli esteri italiano se ne occupassero?
Ovviamente, gli USA non ne vogliono sapere.
Il vero avversario di Washington si trova in Asia, ma la grande potenza imperiale statunitense smetterebbe di esserlo se non dominasse l’Europa. Questo, non altro, è il compito della NATO nel 2022.
“Kissinger afferma che, senza l’Europa, l’America si trasformerebbe in un’isola distante delle coste di Eurasia, confinata nella solitudine di uno statuto minore” (Charles Zorgbibe, “Kissinger”, 2015).
L’imperativo è mantenere la tensione in Europa.
Per farlo bisogna continuare a calpestare i piedi all’orso russo.
Ma, ciò ha qualche rapporto con “interessi europei”?
Con rare eccezioni, giornalisti ed esperti contribuiscono a questa insensata crociata statunitense. Spiegano la cronologia dell’aggressività russa a partire dall’invasione russa della Georgia nel 2008, la proseguono con l’annessione della Crimea nel 2014 e la concludono con l’appoggio alla ribellione separatista del Donbass pochi mesi dopo. Saltano qualche dettaglio.
L’ingresso dei russi in Georgia avvenne dopo che l’esercito georgiano era entrato nella Ossezia del Sud, una delle regioni etniche della Georgia che chiedono la loro indipendenza.
L’esercito russo era stanziato come forza di mantenimento della pace per decisione dell’ONU. La Russia si è annessa la Crimea solo dopo che gli Stati Uniti e l’UE avevano promosso un cambiamento di regime poggiando su una grande protesta popolare che aveva destituito il legittimo governo ucraino, il cui momento determinante è stata l’oscura e mortale sparatoria sui civili a Kiev, probabilmente realizzata dai golpisti e dai loro padrini occidentali.
L’Occidente non ha mai mosso un dito per l’annessione di Gerusalemme Est ed il Golan da parte israeliana, per l’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco o per l’occupazione della metà di Cipro dalla Turchia, tutte operazioni realizzate contro la volontà della maggior parte della popolazione e imposte con la repressione e la pulizia etnica.
Ma si mostra terribilmente scandalizzato per l’annessione russa della Crimea, incruenta e appoggiata dalla popolazione.
Vediamo quotidianamente la cronaca dettagliata dei soprusi e della crudeltà del regime di Putin o di Xi Jinping. Per quel che ne so, molte di queste malefatte sono vere.
Tuttavia, mai si confrontano con i crimini e crudeltà assai peggiori commessi dalle potenze occidentali.
L’eliminazione di avversari con polonio a Londra e l’infame negazione di responsabilità nell’abbattimento del volo della Malaysia Airlines che il 17 luglio 2014 provocò 300 morti, sono inaccettabili e condannabili.
Tuttavia, coincisero temporalmente con un presidente statunitense che ogni mattina faceva colazione alla Casa Bianca mentre firmava gli elenchi delle persone che il suo esercito eliminava dovunque, con droni o artigianalmente. Migliaia di assassinati extragiudiziari raccontati tra il serio e il faceto dallo stesso premio Nobel per la pace.
Penso che l'aver messo fuori legge l’organizzazione russa dedicata alla memoria dei crimini dello stalinismo sia da denunciare e ritengo scandaloso il trattamento dato a questa organizzazione di furibondi liberali anticomunisti che considerano i massacri di Stalin e del suo regime come una conseguenza logica della Rivoluzione d’Ottobre.
Sul rapporto di continuità tra la rivoluzione d’ottobre e lo stalinismo ho un parere diverso a quelli di “Memorial” ma il problema non è, per dirla alla Rousseau, che tutte le opinioni siano accettabili.
Il problema è che gli scandalizzati occidentali a gettone non hanno alcuna coscienza, quindi nessuna memoria, dell’olocausto provocato dalle guerre scatenate da Washington dopo l’11 settembre 2001.
Il problema è: a quale memoria avranno diritto i 38 milioni di profughi che queste guerre hanno provocato dall’Afghanistan alla Libia, dallo Yemen al Pakistan, dall’Iraq alla Somalia, dalla Siria alle Filippine?
Tutto ciò detto, non mi sembra improbabile che a causa della sua stupidità strategica e della sua cieca subordinazione agli Stati Uniti, l’Europa s’imbarchi in una fase pericolosa e turbolenta con la Russia.
“La NATO comunica che i paesi europei dell’Alleanza stanno mettendo le loro forze armate in stato di prontezza operativa e inviando altre navi da guerra e aerei da combattimento agli schieramenti in Europa Orientale. L’Italia, con i cacciabombardieri Eurofighter, ha preso il comando della missione NATO di polizia aerea potenziata in Romania. La Francia è pronta a inviare truppe in Romania sotto comando NATO. La Spagna sta inviando navi da guerra nelle forze navali NATO e cacciabombardieri in Bulgaria. L’Olanda si prepara a inviare caccia F-35 in Bulgaria. La Danimarca invia caccia F-16 in Lituania … “ (Manlio Dinucci, “L’Europa in trincea contro il nemico inventato”, “Il Manifesto” 25 gennaio 2022).