Massimo Congiu

 

Le manifestazioni polacche contro la sentenza della Corte costituzionale votata a inasprire ulteriormente le già restrittive regole esistenti nel paese in materia di aborto, sono state descritte come le più imponenti dalla svolta politica del 1989. Una protesta lunga e appassionata che al momento ha ottenuto come risultato il rallentamento da parte del governo delle operazioni legate all’attuazione della sentenza che vieterebbe l’aborto anche in caso di grave malformazione del feto. L’esecutivo appare in difficoltà e ci si chiede se si stia davvero preparando a compiere un passo indietro.

Protagoniste di questa mobilitazione sono chiaramente le donne, ma va detto che la protesta si è allargata fino a coinvolgere molti più giovani rispetto a precedenti dimostrazioni pubbliche di dissenso. “To jest wojna”, “questa è la guerra” e ancora “Preghiamo per il diritto all’aborto” gli slogan delle imponenti manifestazioni dei giorni scorsi, quando abbiamo assistito a cortei caratterizzati in certi casi da tensioni con la polizia, a picchetti davanti alle chiese e a uno sciopero generale. E l’adrenalina continua a scorrere nel sangue delle sostenitrici e dei sostenitori della protesta.

Le donne e i manifestanti tutti hanno attaccato la Conferenza episcopale polacca che aveva accolto con soddisfazione la sentenza emessa a sostegno delle richieste del partito governativo Diritto e Giustizia (PiS), forza politica ultraconservatrice e nazionalista. Il diritto delle donne di compiere delle scelte libere in termini di interruzione di gravidanza è al centro di una mobilitazione che rappresenta qualcosa di più complesso, qualcosa che mette in discussione un modello culturale e sociale, una morale e un sistema politico, in generale.

I manifestanti, infatti, hanno chiesto le dimissioni del governo, reclamano una società in cui la Chiesa, la potente Chiesa polacca non sia più in grado di influenzare così tanto la politica, la vita delle persone, delle famiglie. Si tratta quindi di una protesta che chiede una revisione degli equilibri società-Chiesa, Chiesa-vita politica e che ha visto numerose persone scendere in piazza malgrado le criticità dovute alla circolazione del Covid-19 che anche in Polonia infetta un sempre maggior numero di persone.

C’è una società civile in movimento che mette in discussione uno schema, una morale cattolica qui proposta nella sua interpretazione più restrittiva e votata al controllo sociale e al mantenimento dei ruoli tradizionali: la famiglia, la donna. Donna che, come nel 2016 e nel 2018, scende oggi in piazza per una maggiore autodeterminazione e per non subire decisioni che passino sul suo corpo, sul suo diritto di scelta sulla base di ragioni intime.

L’attuale legge polacca sull’aborto risale al 1993 ed è già fra le più restrittive esistenti in questo ambito. Essa prevede, infatti, l’interruzione di gravidanza solo nei casi di stupro, incesto e pericolo di vita per la madre. Le revisioni richieste dal PiS a partire dal 2015, anno del suo approdo al potere, sono giunte a mettere a rischio la possibilità di ricorrere all’interruzione di gravidanza in caso di gravi malformazioni del feto. Ora la domanda è se siamo ad una svolta. Ci troviamo, comunque, di fronte a un sistema restrittivo tale da determinare un aumento delle donne polacche che abortiscono legalmente all’estero o illegalmente in patria.

Al di là del pur importante caso specifico, le manifestazioni di questi giorni hanno forti connotazioni simboliche e forniscono l’immagine di quella parte di paese che vuole un cambiamento, un’apertura e una via d’uscita dallo spazio angusto e claustrofobico di una morale retriva, costrittiva e incapace di accettare la complessità umana. Una morale che, ben interpretata dall’attuale esecutivo polacco, inoltre, non sa di apertura al diverso e difende l’identità cristiana come aspetto da contrapporre ad identità altre. L’impegno odierno della società civile polacca che si attiva pur sottoposta a continue e crescenti pressioni governative, è da osservare con interesse per i semi che può piantare in funzione di un futuro e si spera non troppo lontano cambiamento.

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