Christian De Luca

 

Il libro di Mauro Vanetti, pubblicato nel 2019 da Edizioni Alegre, è uno strumento necessario per placare l’effetto di straniamento e di rabbia che deriva ogni qual volta ci troviamo a discutere con persone che si ritengono democratiche e persino di sinistra ma che, in realtà, sostengono partiti dalle mani sporche di sangue o si lasciano molto spesso andare a opinioni, pensieri e idee molto più di destra che di sinistra.

La riflessione dell’autore rappresenta una bussola che aiuta a navigare nel caos di parvenze, di faziosità e di strumentalizzazioni i cui principali driver sono da un lato “la sinistra di destra” del PD e satelliti e, dall’altro, i sovranisti, i populisti e i rossobruni, tutti ricondotti a posizioni di destra attraverso le analisi molto minuziose illustrate nel testo. Il lavoro di Vanetti appare importante perché è, probabilmente, l’unico in circolazione che prova a delineare una mappatura completa della nuova “sinistra di destra” su temi molto complessi come l’immigrazione, l’Unione europea e la questione di genere. Una mappatura che chiarisce gli slogan frettolosi e permette al lettore, al militante, al compagno, a chi vuole capirne di più, di criticare e decostruire in modo chirurgico le varie tendenze che godono di una eredità di sinistra o che, pur richiamandosi a valori e principi di sinistra, nelle teorie e nei fatti li negano e li contraddicono fino a confonderli.

Uno dei principali meriti del libro è la capacità di descrivere con riferimenti precisi e dettagliati (libri, programmi, leggi) l’insieme delle posizioni controverse delle “sinistra di destra” e di tracciare una chiara distinzione tra ciò che la sinistra dovrebbe essere e ciò che la sinistra assolutamente non è.

Lo scopo del testo del collaboratore di Giap, Carmilla e marxist.com non è certamente quello di attaccare in modo ideologico giornalisti, politici e intellettuali della “sinistra di destra” ma piuttosto analizzare le matrici politico-culturali, le differenti evoluzioni, le forme di continuità tra passato e presente delle vecchia e nuova “sinistra di destra” che, a prima vista, difficilmente appaiono paradossali all’elettore medio, il cui profilo è caratterizzato da un centrismo falsificante che rifugge ogni forma di “estremismo” anche quando si tratta semplicemente di sinistra. Non è un caso che i nomi e le sigle dei centri di detenzione per migranti che non hanno commesso alcun reato cambiano, solitamente, nel giro di qualche decennio (Cpt della legge Turco-Napolitano, Cie della Bossi-Fini, Cpr della Minniti-Orlando) ma ciò che permane, o spesso si affina, è la segregazione su base etnica e razziale delle persone in veri e propri campi di concentramento. Una realtà che non viene raccontata come tale ma dissimulata, costantemente, soprattutto se ad attuare questi provvedimenti sono i governi di centrosinistra che, nell’immaginario collettivo, sono considerati amici e benefattori degli immigrati.

Tutto ciò diventa sempre più assurdo se pensiamo che nelle ultime settimane sono molti coloro hanno condiviso il post del Partito Democratico con la foto che ritrae la tomba bianca del piccolo Joseph, il bimbo di soli sei mesi morto annegato mentre veniva soccorso dall’Open Arms, senza mai provare ad interrogarsi sulle responsabilità politiche di questa tragedia: finanziamenti alla Guardia Costiera di Tripoli, decreti Minniti- Orlando e adesso la modifica soltanto parziale delle leggi di Salvini.

Oltre a descrivere le costanti affinità tra centrosinistra e centrodestra degli ultimi decenni, l’autore è estremamente preciso quando si tratta di chiarire le differenze tra la vecchia “sinistra di destra” che vuole cancellare l’eredità del marxismo e la nuova che, invece, prova a riabilitare il pensiero del filosofo di Treviri suggerendo però, a gran voce, soluzioni di destra come la chiusura delle frontiere o la definizione di quote di migranti (quasi come fossero pacchi di Amazon da smistare qua e là) per gestire i flussi in base ai bisogni produttivi e riproduttivi dei paesi europei, con il risultato di dividere ulteriormente la classe lavoratrice tra autoctona e straniera.

Questo libro vanta numerosi pregi. Innanzitutto è scritto con uno stile piano e l’uso di molte citazioni anche da testi filosofici non stanca il lettore ma piuttosto lo invita ad approfondire, a gettare luce sulle distorsioni di una sinistra che ragiona e agisce da destra, che dà del barbaro a Salvini ma, alla fine, ne riproduce le stesse forme di oppressione, con la sola variazione di uno storytelling sensibile perlomeno al tema dei diritti civili (anche se molto spesso questi vengono contrapposti ai diritti sociali poiché per i neoliberisti di sinistra il mercato deve autoregolarsi, premiare il merito e valorizzare quei self-made men/women che riuscirebbero a salire tutti i piani della scala sociale grazie alla loro tenacia e alla capacità di inventarsi e reinventarsi come imprenditori di se stessi).

Infine, nel testo troverete anche un capitolo che prova a decostruire le tesi del femminismo liberale (a fronte del fatto che le donne guadagnano il 40% in meno degli uomini in Italia, sommando troppo spesso il lavoro fuori casa a quello riproduttivo) e una risposta efficace a chi considera le lotte femministe e della comunità LGBTQ come questioni esterne alla working class tanto da essere ree, secondo alcuni esponenti della “sinistra di destra” come il famosissimo Diego Fusaro, di spostare il focus dalla lotta di classe sul piano del lavoro produttivo o, addirittura, di essere direttamente al servizio dei poteri capitalistici.

"La sinistra di destra. Dove si mostra che liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte" è un manuale utile sia per rispondere ai post strappalacrime di chi è complice e responsabile della barbarie – come nel caso dell’antirazzismo umanitario di facciata- sia per ragionare sui temi più spinosi del nostro tempo. Regalatelo, parlatene, contattate l’autore per discuterne insieme. Magari scoprirete che la sinistra non è quella che votate.

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