Riccardo Bravi

 

Il volume a cura di Miguel Mellino e Andrea Ruben Pomella, Marx nei margini. Dal marxismo nero al femminismo postcoloniale (Alegre, 2020, pp. 332, 18 euro) tenta di ridefinire lo schema concettuale degli studi marxisti allargandone il portato a una serie di elementi che oltrepassano il dualismo borghesia/proletariato, nel tentativo di comprendere globalmente questa vasta dottrina di analisi sull’uomo e sulla società.

 

Marco Cerotto

 

Il testo Da Marx al post-operaismo[1] offre una lettura teorico-politica che ripercorre circa un secolo di riflessioni filosofiche variegate tra loro, ma che esaminando gli sviluppi della società capitalistica contemporanea adoperano la metodologia marxiana come chiave di lettura del presente, estrapolando però contenuti e concetti ereditati dalle diverse tradizioni del pensiero politico moderno che l’opera di Marx ha generato. Si tratta di un lavoro svolto da «giovani leve», come scrive Giovanni Sgro’ nell’Introduzione, le quali però si orientano decisamente verso la comprensione di determinati filoni teorici che hanno tentato di plasmare la prassi politica, cioè delle organizzazioni operaie, dal momento che posero all’attenzione delle loro analisi gli sviluppi politici della stessa classe operaia.

 

Luca D’Errico

 

Occorre una certa sensibilità per presentare figure particolarmente discusse, dalle vite pericolose e pericolanti, venute dal nulla ed emerse alla fama mondiale. Per questo tipo particolare di figure si sprecano studi critici, si indagano i minimi dettagli biografici, si scava nel profondo degli archivi per trovare anche quello che in realtà tante volte non c’è. Molto spesso, a ricerche del genere manca un elemento importantissimo: quella particolare capacità di ricomporre la visione d’insieme che rende una biografia diversa da una semplice raccolta di date e di eventi, riuscendo a cogliere l’essenza di una vita proprio nel rapporto dialettico tra esperienza individuale e contesto generale, storico e culturale dell’epoca in cui questa vita ha vissuto.

 

Marco Paciotti

 

Le opere di Domenico Losurdo hanno conosciuto una notevole diffusione lungo i quattro angoli del globo, essendo state tradotte in inglese, tedesco, cinese e portoghese. Eppure, proprio nella patria d’origine, in Italia, il suo pensiero non solo è andato incontro a una certa ostracizzazione da parte della cultura dominante, ma è stato talvolta mal interpretato, anche all’interno di gruppi politici o intellettuali – che pure si presumevano simpatetici con il suo punto di vista – i quali hanno isolato e forzato alcuni aspetti della sua originale rilettura della filosofia della storia hegelo-marxista finendo per eludere il punto di vista della totalità.

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